(Il testo riportato non
riveste carattere di ufficialità)
Attuazione delle direttive 89/391CEE, 89/654/CEE,
89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE
riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul
luogo di lavoro.
Capo I.
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1.
Campo di applicazione.
1. Il
presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela della salute e per
la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori di attivita’
privati o pubblici.
2. Nei
riguardi delle Forze armate e di Polizia e dei servizi di protezione civile, le
norme del presente decreto sono applicate tenendo conto delle particolari
esigenze connesse al servizio espletato e delle attribuzioni loro proprie,
individuate con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del
lavoro e dellaprevidenza sociale, della sanita’ e della funzione pubblica.
3. Nei
riguardi dei lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, nonche’ dei
lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato, le norme del
presente decreto si applicano nei casi espressamente previsti. 4. Le disposizioni di cui al presente decreto
si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di
Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e relative norme di
attuazione.
1. Agli
effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono per: a)
lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore
di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, con rapporto
di lavoro subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci lavoratori di
cooperative o di societa’, anche di fatto, e gli utenti dei servizi di
orientamento o di formazione scolastica, universitaria e professionale avviati
presso datori di lavoro per agevolare o per perfezionare le loro scelte
professionali. Sono altresi’ equiparati gli allievi degli istituti di istruzione
ed universitari, e i partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali
si faccia uso di laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in
genere, agenti chimici, fisici e biologici; b) datore di lavoro: qualsiasi
persona fisica o giuridica o soggetto pubblico che e’ titolare del rapporto di
lavoro con il lavoratore e abbia la responsabilita’ dell’impresa ovvero dello
stabilimento; c) servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle
persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati
all’attivita’ di prevenzione e protezione dai rischi professionali
nell’azienda, ovvero unita’ produttiva; d) medico competente: medico in
possesso di uno dei seguenti titoli: 1) specializzazione in medicina del lavoro
o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia
industriale o specializzazione equipollente; 2) docenza o libera docenza in
medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in
tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del
lavoro; 3) autorizzazione di cui all’art. 55 del decreto legislativo 15 agosto
1991, n. 277; e) responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona
designata dal datore di lavoro in possesso di attitudini e capacita’ adeguate;
f) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero persone,
elette o designate per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli
aspetti della salute e sicurezza durante il lavoro; g) prevenzione: il
complesso delle disposizioni o misure adottate o previste in tutte le fasi
dell’attivita’ lavorativa per evitare o diminuire i rischi professionali nel
rispetto della salute della popolazione e dell’integrita’ dell’ambiente
esterno; h) agente: l’agente chimico, fisico o biologico, presente durante il
lavoro e potenzialmente dannoso per la salute.
1. Le
misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei
lavoratori sono: a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza; b)
eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al
progresso tecnico e, ove cio’ non e’ possibile, loro riduzione al minimo; c)
riduzione dei rischi alla fonte; d) programmazione della prevenzione mirando ad
un complesso che integra in modo coerente nella prevenzione le condizioni
tecniche produttive ed organizzative dell’azienda nonche’ l’influenza dei
fattori dell’ambiente di lavoro; e) sostituzione di cio’ che e’ pericoloso con
cio’ che non lo e’, o e’ meno pericoloso; f) rispetto dei principi ergonomici
nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella
definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro
monotono e quello ripetitivo; g) priorita’ delle misure di protezione
collettiva rispetto alle misure di protezione individuale; h) limitazione al
minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al
rischio; i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, sui
luoghi di lavoro; l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi
specifici; m) allontanamento del lavoratore dall’esposizione a rischio, per
motivi sanitari inerenti la sua persona; n) misure igieniche; o) misure di
protezione collettiva ed individuale; p) misure di emergenza da attuare in caso
di pronto soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di
pericolo grave ed immediato; q) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con
particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformita’ alla
indicazione dei fabbricanti; s) informazione, formazione, consultazione e
partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni
riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro; t) istruzioni
adeguate ai lavoratori.
2. Le
misure relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute durante il lavoro non
devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori. Art. 4. Obblighi del datore di lavoro, del
dirigente e del preposto 1. Il datore di lavoro e’ tenuto all’osservanza delle
misure generali di tutela previste dall’art. 3 e, in relazione alla natura
dell’attivita’ dell’azienda ovvero dell’unita’ produttiva, deve valutare, nella
scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici
impiegati, nonche’ nella sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la
sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti i gruppi
di lavoratori esposti a rischi particolari.
2.
All’esito della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora un
documento contenente: a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la
sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri
adottati per la valutazione stessa; b) l’individuazione delle misure di
prevenzione e di protezione attuate in conseguenza della valutazione di cui
alla lettera a), nonche’ delle attrezzature di protezione utilizzate; c) il
programma di attuazione delle misure di cui alla lettera b). 3. Il documento e’
custodito presso l’azienda ovvero unita’ produttiva.
4. Il
datore di lavoro designa gli addetti al servizio di prevenzione e protezione ed
il relativo responsabile o incarica persone o servizi esterni all’azienda, e
nomina, nei casi previsti dall’art. 16, il medico competente. 5. Il datore di lavoro, il dirigente e il
preposto che esercitano, dirigono o sovraintendono le attivita’ indicate
all’art. 1, nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, adottano le
misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ed in
particolare: a) designano i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure
di prevenzione incendi, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave
ed immediato e di pronto soccorso; b) aggiornano le misure di prevenzione in
relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini
della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di
evoluzione della tecnica, della prevenzione e della protezione; c)
nell’affidare i compiti ai lavoratori tengono conto delle capacita’ e delle
condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza; d)
forniscono ai lavoratori i necessari ed idonei mezzi di protezione; e) prendono
le misure appropriate affinche’ soltanto i lavoratori che hanno ricevuto
adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e
specifico; f) richiedono l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle
norme e delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di uso dei mezzi
di protezione collettivi ed individuali messi a loro disposizione; g)
richiedono l’osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti
dal presente decreto, informandolo sui processi e sui rischi connessi
all’attivita’ produttiva; h) adottano le misure per il controllo per le
situazioni di rischio in caso di emergenza e danno istruzioni affinche’ i
lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il
posto di lavoro o la zona pericolosa; i) informano il piu’ presto possibile i
lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave ed immediato circa il
rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
l) si astengono, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai
lavoratori di riprendere la loro attivita’ in una situazione di lavoro in cui
persiste un pericolo grave ed immediato; m) permettono ai lavoratori di
verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza, l’applicazione delle
misure di sicurezza e di protezione della salute; n) prendono appropriati
provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possono causare
rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno; o)
tengono un registro nel quale sono annotati cronologicamente gli infortuni sul
lavoro che comportano un’assenza dal lavoro superiore a tre giorni, compreso
quello dell’evento. Nel registro sono annotati il nome, il cognome, la
qualifica professionale dell’infortunato, le cause e le circostanze
dell’infortunio, nonche’ la data di abbandono e di ripresa del lavoro. Il
registro sul luogo di lavoro e’ tenuto conformemente al modello approvato con
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la
commissione consultiva permanente di cui all’art. 394 del decreto del
Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, ed e’ conservato sul luogo
di lavoro, a disposizione dell’organo di vigilanza; p) consultano il
rappresentante per la sicurezza nei casi previsti dall’art. 19, comma 1,
lettere b), c) e d); q) adottano le misure necessarie ai fini della prevenzione
incendi e dell’evacuazione dei lavoratori, nonche’ per il caso di pericolo
grave ed immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura
dell’attivita’, alle dimensioni dell’azienda ovvero dell’unita’ produttiva, e
al numero delle persone presenti.
6. Il
datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora il
documento di cui al comma 2 in collaborazione con il responsabile del servizio
di prevenzione e protezione e con il medico competente, previa consultazione
del rappresentante per la sicurezza.
7. La
valutazione di cui al comma 1 ed il documento di cui al comma 2 sono
rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai
fini della sicurezza e della salute dei lavoratori.
8. Al
momento della risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro consegna
al lavoratore copia della cartella sanitaria e di rischio. 9. Per le piccole e medie aziende, con
decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell’industria, del
commercio e dell’artigianato e della sanita’, sentita la commissione consultiva
permanente per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro, in
relazione alla natura dell’attivita’ e alle dimensioni dell’azienda, ad
eccezione delle attivita’ industriali di cui all’art. 1 del decreto del
Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, delle centrali
termoelettriche, degli impianti e laboratori nucleari, delle aziende estrattive
e altre attivita’ minerarie, delle aziende per la fabbricazione e il deposito
separatodi esplosivi, polveri e munizioni, sono definiti: a) procedure
standardizzate per gli adempimenti documentali di cui al presente articolo; b)
i casi, relativi ad ipotesi di scarsa pericolosita’, nei quali e’ possibile lo
svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e protezione oltre i limiti di
addetti di cui all’allegato I; c) i casi in cui e’ possibile la riduzione ad
una sola volta all’anno della visita, di cui all’art. 17, lettera h), degli ambienti di lavoro da parte del medico
competente, ferma restando l’obbligatorieta’ di visite ulteriori, allorche’ si
modificano le situazioni di rischio.
10. Il
decreto di cui al comma 9 deve essere emanato entro otto mesi dalla data di entrata
in vigore del presente decreto.
1. Ciascun
lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e
di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono
ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua
formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro. 2. In particolare i lavoratori: a) osservano
le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e
dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale; b) utilizzano
correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i
preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro,
nonche’ i dispositivi di sicurezza; c) utilizzano in modo appropriato i
dispositivi di protezione messi a loro disposizione; d) segnalano
immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze
dei mezzi e dispositivi di cui alle lettere b) e c), nonche’ le altre eventuali
condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente,
in caso di urgenza, nell’ambito delle loro competenze e possibilita’, per
eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; e) non rimuovono o modificano
senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di
controllo; f) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non
sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o
di altri lavoratori; g) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro
confronti; h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai
preposti, all’adempimento di tutti gli obblighi imposti dall’autorita’
competente o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei
lavoratori durante il lavoro.
Art. 6.
Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli installatori
1. I progettisti dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti rispettano i
principi generali di prevenzione in materia di sicurezza e di salute al momento
delle scelte progettuali e tecniche e scelgono macchine nonche’ dispositivi di
protezione rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza previsti nella
legislazione vigente.
2. Sono
vietati la vendita, il noleggio, la concessione in uso e la locazione
finanziaria di macchine, attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti
alla legislazione vigente.
3. Gli
installatori e montatori di impianti, macchine o altri mezzi tecnici devono
attenersi alle norme di sicurezza e di igiene del lavoro, nonche’ alle
istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti dei macchinari e degli altri
mezzi tecnici per la parte di loro competenza.
1. Il
datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all’interno dell’azienda,
ovvero dell’unita’ produttiva, ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi:
a) verifica, anche attraverso l’iscrizione alla camera di commercio, industria
e artigianato, l’idoneita’ tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o
dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o
contratto d’opera; b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni
sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e
sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria
attivita’.
2.
Nell’ipotesi di cui al comma 1 i datori di lavoro: a) cooperano all’attuazione
delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti
sull’attivita’ lavorativa oggetto dell’appalto; b) coordinano gli interventi di
protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi
reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i
lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva.
3. Il
datore di lavoro promuove il coordinamento di cui al comma 2, lettera b). Tale obbligo non si estende ai rischi
specifici propri dell’attivita’ delle imprese appaltatrici o dei singoli
lavoratori autonomi. Capo II SERVIZIO
DI PREVENZIONE E PROTEZIONE Art. 8. Servizio di prevenzione e protezione 1.
Salvo quanto previsto dall’art. 10, il datore di lavoro organizza all’interno
dell’azienda, ovvero dell’unita’ produttiva, il servizio di prevenzione e
protezione, o incarica persone o servizi esterni all’azienda, secondo le regole
di cui al presente articolo.
2. Il
datore di lavoro designa all’interno dell’azienda ovvero dell’unita’
produttiva, una o piu’ persone da lui dipendenti per l’espletamento dei compiti
di cui all’articolo 9, tra cui ilresponsabile del servizio in possesso di
attitudini e capacita’ adeguate, previa consultazione del rappresentante per la
sicurezza.
3. I
dipendenti di cui al comma 2 devono essere in numero sufficiente, possedere le
capacita’ necessarie e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento
dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa
dell’attivita’ svolta nell’espletamento del proprio incarico. 4. Il datore di lavoro puo’ avvalersi di
persone esterne all’azienda in possesso delle conoscenze professionali
necessarie per integrare l’azione di prevenzione e protezione.
5.
L’organizzazione del servizio di prevenzione e protezione all’interno
dell’azienda, ovvero dell’unita’ produttiva, e’ comunque obbligatoria nei
seguenti casi: a) nelle aziende industriali di cui all’art. 1 del decreto del
Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175; b) nelle centrali
termoelettriche; c) negli impianti e laboratori nucleari; d) nelle aziende per
la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni; e)
nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori dipendenti; f) nelle
industrie estrattive con oltre 50 lavoratori dipendenti. 6. Se la capacita’ dei dipendenti
all’interno dell’azienda ovvero dell’unita’ produttiva, sono insufficienti, il
datore di lavoro puo’ far ricorso a persone o servizi esterni all’azienda,
previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
7. Il servizio
esterno deve essere adeguato alle caratteristiche dell’azienda, ovvero unita’
produttiva, a favore della quale e’ chiamato a prestare la propria opera, anche
con riferimento al numero degli operatori.
8. Il responsabile del servizio esterno deve possedere attitudini e
capacita’ adeguate.
9. Il
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con decreto di concerto con i
Ministri della sanita’ e dell’industria, del commercio e dell’artigianato,
sentita la commissione consultiva permanente, puo’ individuare specifici
requisiti, modalita’ e procedure, per la certificazione dei servizi, nonche’ il
numero minimo degli operatori di cui ai commi 3 e 7. 10. Qualora il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni
egli non e’ per questo liberato dalla propria responsabilita’ in materia. 11. Il datore di lavoro comunica
all’ispettorato del lavoro e alle unita’ sanitarie locali territorialmente
competenti il nominativo della persona designata come responsabile del servizio
di prevenzione e protezione interno ovvero esterno all’azienda. Tale
comunicazione e’ corredata da una dichiarazione nella quale si attesti con
riferimento alle persone designate: a) i compiti svolti in materia di
prevenzione e protezione; b) il periodo nel quale tali compiti sono stati
svolti; c) il curriculum professionale.
1. Il
servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede: a)
all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e
all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrita’ degli ambienti
di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica
conoscenza dell’organizzazione aziendale; b) ad elaborare, per quanto di
competenza, le misure preventive e protettive e i sistemi di cui all’art. 4,
comma 2, lettera b) e i sistemi di controllo di tali misure; c) ad elaborare le
procedure di sicurezza per le varie attivita’ aziendali; d) a proporre i
programmi di informazione e formazione dei lavoratori; e) a partecipare alle
consultazioni in materia di tutela della salute e di sicurezza di cui all’art.
11; f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all’art. 21. 2. Il datore
di lavoro fornisce ai servizi di prevenzione e protezione informazioni in
merito a: a) la natura dei rischi; b) l’organizzazione del lavoro, la
programmazione e l’attuazione delle misure preventive e protettive; c) la
descrizione degli impianti e dei processi produttivi; d) i dati del registro
degli infortuni e delle malattie professionali; e) le prescrizioni degli organi
di vigilanza. 3. I componenti del
servizio di prevenzione e protezione e i rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui
vengono a conoscenza nell’esercizio delle funzioni di cui al presente decreto.
4. Il
servizio di prevenzione e protezione e’ utilizzato dal datore di lavoro. Art. 10. Svolgimento diretto da parte del
datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi 1. Il datore
di lavoro puo’ svolgere direttamente i compiti propri del servizio di
prevenzione e protezione dai rischi nonche’ di prevenzione incendi e di
evacuazione, nei casi previsti nell’allegato I, dandone preventiva informazione
al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai
commi successivi. Esso puo’ avvalersi della facolta’ di cui all’art. 8, comma
4. 2. Il datore di lavoro che intende
svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare apposito corso di
formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, promosso anche
dalle associazioni dei datori di lavoro e trasmettere all’organo di vigilanza
competente per territorio: a) una dichiarazione attestante la capacita’ di
svolgimento dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi; b) il documento
di cui all’art. 4, commi 2 e 3; c) una relazione sull’andamento degli infortuni
e delle malattie professionali della propria azienda elaborata in base ai dati
degli ultimi tre anni del registro infortuni o, in mancanza dello stesso, di
analoga documentazione prevista dalla legislazione vigente; d) l’attestazione
di frequenza del corso di formazione in materiadi sicurezza e salute sul luogo
di lavoro.
Art. 11.
Riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi 1. Nelle aziende,
ovvero unita’ produttive, che occupano piu’ di 15 dipendenti, il datore di
lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai
rischi, indice almeno una volta all’anno una riunione cui partecipano: a) il
datore di lavoro o un suo rappresentante; b) il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione dai rischi; c) il medico competente ove previsto; d)
il rappresentante per la sicurezza.
2. Nel
corso della riunione il datore di lavoro sottopone all’esame dei partecipanti:
a) il documento, di cui all’art. 4, commi 2 e 3; b) l’idoneita’ dei mezzi di
protezione individuale; c) i programmi di informazione e formazione dei
lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute. 3. La riunione ha altresi’ luogo in
occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni di esposizione
al rischio, compresa la programmazione e l’introduzione di nuove tecnologie che
hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori.
4. Nelle
aziende, ovvero unita’ produttive, che occupano fino a 15 dipendenti, nelle
ipotesi di cui al comma 3, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
puo’ chiedere la convocazione di una apposita riunione. 5. Il datore di lavoro, anche tramite il
servizio di prevenzione e protezione dai rischi, provvede alla redazione del
verbale della riunione che e’ tenuto a disposizione dei partecipanti per la sua
consultazione.
Capo III
PREVENZIONE INCENDI, EVACUAZIONE DEI LAVORATORI, PRONTO SOCCORSO
1. Ai fini
degli adempimenti di cui all’art. 4, comma 5, lettera q), il datore di lavoro:
a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia
di pronto soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell’emergenza;
b) designa i lavoratori incaricati di attuare le misure di pronto soccorso,
salvataggio, prevenzione incendi, lotta antincendi e gestione dell’emergenza;
c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave
ed immediato circa le misure predisposte ed i comportamenti da adottare; d)
programma gli interventi, prende i provvedimenti e da’ istruzioni affinche’ i
lavoratori possano, in caso di pericolo grave ed immediato che non puo’ essere
evitato, cessare la loro attivita’,ovvero mettersi al sicuro, abbandonando
immediatamente il luogo di lavoro; e) prende i provvedimenti necessari
affinche’ qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la
propria sicurezza ovvero per quella di altre persone e nell’impossibilita’ di
contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le misure
adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue
conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.
2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore
di lavoro tiene conto delle dimensioni dell’azienda ovvero dei rischi specifici
dell’azienda ovvero dell’unita’ produttiva.
3. I
lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la
designazione. Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente e
disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni ovvero dei
rischi specifici dell’azienda ovvero dell’unita’ produttiva. 4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni
debitamente motivate, astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la
loro attivita’ in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed
immediato.
1. Fermo
restando quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio
1982, n. 577, i Ministri dell’interno, del lavoro e della previdenza sociale,
in relazione al tipo di attivita’, al numero dei lavoratori occupati ed ai
fattori di rischio, adottano uno o piu’ decreti nei quali sono definiti: a) i
criteri diretti ad individuare: 1) misure intese ad evitare l’insorgere di un
incendio e a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi;2) misure
precauzionali di esercizio; 3) metodi di controllo e manutenzione degli
impianti e delle attrezzature antincendio; 4) criteri per la gestione delle
emergenze; b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e
protezione antincendio di cui all’art. 12, compresi i requisiti del personale
addetto e la sua formazione.
2. Per il
settore minerario il decreto di cui al comma 1 e’ adottato dai Ministri
dell’interno, del lavoro e della previdenza sociale e dell’industria, del
commercio e dell’artigianato.
Art. 14.
Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato 1. Il lavoratore
che, in caso di pericolo grave, immediato e che non puo’ essere evitato, si
allontana dal posto di lavoro ovvero da una zona pericolosa, non puo’ subire
pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.
2. Il
lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell’impossibilita’ di
contattare il competente superiore gerarchico, prende misure per evitare le
conseguenze di tale pericolo, non puo’subire pregiudizio per tale azione, a
meno che non abbia commesso una grave negligenza.
1. Il
datore di lavoro, tenendo conto della natura dell’attivita’ e delle dimensioni
dell’azienda ovvero dell’unita’ produttiva, sentito il medico competente ove
previsto, prende i provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso e di
assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone
presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi
esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.
2. Il
datore di lavoro, qualora non vi provveda direttamente, designa uno o piu’
lavoratori incaricati dell’attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1. 3. Le caratteristiche minime delle
attrezzature di pronto soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua
formazione sono individuati in relazione alla natura dell’attivita’, al numero
dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio, con decreto dei Ministri della
sanita’, del lavoro e della previdenza sociale, della funzione pubblica e
dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita la commissione
consultiva permanente e il Consiglio superiore di sanita’.
4. Fino
all’emanazione del decreto di cui al comma 3 si applicano le disposizioni
vigenti in materia.
Capo IV
SORVEGLIANZA SANITARIA
Art. 16.
Contenuto della sorveglianza sanitaria
1. La
sorveglianza sanitaria e’ effettuata nei casi previsti dalla normativa vigente.
2. La
sorveglianza di cui al comma 1 e’ effettuata dal medico competente e comprende:
a) accertamenti preventivi intesi a constatare l’assenza di controindicazioni
al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro
idoneita’ alla mansione specifica; b) accertamenti periodici per controllare lo
stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneita’ alla
mansione specifica.
3. Gli
accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami clinici e biologici e indagini
diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente.
1. Il
medico competente: a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di
prevenzione e protezione di cui all’art. 8, sulla base della specifica
conoscenza dell’organizzazione dell’azienda ovvero dell’unita’ produttiva e
delle situazioni dirischio, alla predisposizione dell’attuazione delle misure
per la tutela della salute e dell’integrita’ psico-fisica dei lavoratori; b)
effettua gli accertamenti sanitari di cui all’art. 16; c) esprime i giudizi di
idoneita’ alla mansione specifica al lavoro, di cui all’art. 16; d) istituisce
ed aggiorna, sotto la propria responsabilita’, per ogni lavoratore sottoposto a
sorveglianza sanitaria, una cartella sanitaria e di rischio da custodire presso
il datore di lavoro con salvaguardia del segreto professionale; e) fornisce
informazioni ai lavoratori sul significato degli accertamenti sanitari cui sono
sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine,
sulla necessita’ di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la
cessazione dell’attivita’ che comporta l’esposizione a tali agenti. Fornisce
altresi’, a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori
per la sicurezza; f) informa ogni lavoratore interessato dei risultati degli
accertamenti sanitari di cui alla lettera b) e, a richiesta dello stesso, gli
rilascia copia della documentazione sanitaria; g) comunica, in occasione delle
riunioni di cui all’art. 11, ai rappresentanti per la sicurezza, i risultati
anonimi collettivi degli accertamenti clinici e strumentali effettuati e
fornisce indicazioni sul significato di detti risultati; h) congiuntamente al
responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, visita gli
ambienti di lavoro almeno due volte all’anno e partecipa alla programmazione
del controllo dell’esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti
con tempestivita’ ai fini delle valutazioni e dei pareri di competenza; i)
fatti salvi i controlli sanitari di cui alla lettera b), effettua le visite
mediche richieste dal lavoratore qualora tale richiesta sia correlata ai rischi
professionali; l) collabora con il datore di lavoro alla predisposizione del
servizio di pronto soccorso di cui all’art. 15; m) collabora all’attivita’ di
formazione e informazione di cui al capo VI.
2. Il
medico competente puo’ avvalersi, per motivate ragioni, della collaborazione di
medici specialisti scelti dal datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.
3. Qualora
il medico competente, a seguito degli accertamenti di cui all’art. 16, comma 1, lettera b), esprima un giudizio
sull’inidoneita’ parziale o temporanea o totale del lavoratore, ne informa per
iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.
4. Avverso
il giudizio di cui al comma 3 e’ ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla
data di comunicazione del giudizio medesimo, all’organo di vigilanza
territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti,
la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso. 5. Il medico competente svolge la propria
opera in qualita’ di: a) dipendente da una struttura esterna pubblica o privata
convenzionata con l’imprenditore per lo svolgimento dei compiti di cui al
presente capo; b) libero professionista; c) dipendente del datore di lavoro.
6. Qualora
il medico competente sia dipendente del datore dilavoro, questi gli fornisce i
mezzi e gli assicura le condizioni necessarie per lo svolgimento dei suoi compiti.
7. Il
dipendente di una struttura pubblica non puo’ svolgere l’attivita’ di medico
competente ai sensi del comma 5, lettera a), qualora esplichi attivita’ di
vigilanza.
Capo V
CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI Art. 18. Rappresentante per la
sicurezza 1. In tutte le aziende, o unita’ produttive, e’ eletto o designato il
rappresentante per la sicurezza.
2. Nella
aziende, o unita’ produttive, che occupano sino a 15 dipendenti il
rappresentante per la sicurezza e’ eletto direttamente dai lavoratori al loro
interno. Nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti il rappresentante per
la sicurezza puo’ essere individuato per piu’ aziende nell’ambito territoriale
ovvero del comparto produttivo. Esso puo’ essere designato o eletto dai
lavoratori nell’ambito delle rappresentanze sindacali, cosi’ come definite
dalla contrattazione collettiva di riferimento.
3. Nelle
aziende, ovvero unita’ produttive, con piu’ di 15 dipendenti il rappresentante
per la sicurezza e’ eletto o designato dai lavoratori nell’ambito delle
rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, e’
eletto dai lavoratori dell’azienda al loro interno.
4. Il
numero, le modalita’ di designazione o di elezione del rappresentante per la
sicurezza, nonche’ il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per
l’espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione
collettiva.
5. In caso
di mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui al comma 4, il
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti, stabilisce
con proprio decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla comunicazione del mancato
accordo, gli standards relativi alle materie di cui al comma 4. Per le
amministrazioni pubbliche provvede il Ministro per la funzione pubblica sentite
le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano
nazionale. 6. In ogni caso il numero
minimo dei rappresentanti di cui al comma 1 e’ il seguente: a) un
rappresentante nelle aziende ovvero unita’ produttive sino a 200 dipendenti; b)
tre rappresentanti nelle aziende ovvero unita’ produttive da 201 a 1000
dipendenti; c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unita’
produttive.
7. Le
modalita’ e i contenuti specifici della formazione del rappresentante per la
sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale di
categoria con il rispetto dei contenuti minimi previsti dal decreto di cui
all’art. 22, comma 7.
Art. 19.
Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza 1. Il rappresentante per la
sicurezza: a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni; b)
e’ consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei
rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della
prevenzione nell’azienda ovvero unita’ produttiva; c) e’ consultato sulla
designazione degli addetti al servizio di prevenzione, all’attivita’ di
prevenzione incendi, al pronto soccorso, alla evacuazione dei lavoratori; d) e’
consultato in merito all’organizzazione della formazione di cui all’art. 22, comma 5; e) riceve le informazioni e la
documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di
prevenzione relative, nonche’ quelle inerenti le sostanze e i preparati
pericolosi, le macchine, gli impianti, l’organizzazione e gli ambienti di
lavoro, gli infortuni e le malattie professionali; f) riceve le informazioni
provenienti dai servizi di vigilanza; g) riceve una formazione adeguata,
comunque non inferiore a quella prevista dall’art. 22; h) promuove
l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione
idonee a tutelare la salute e l’integrita’ fisica dei lavoratori; i) formula
osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorita’
competenti; l) partecipa alla riunione periodica di cui all’art. 11; m) fa
proposte in merito all’attivita’ di prevenzione; n) avverte il responsabile
dell’azienda dei rischi individuati nel corso della sua attivita’; o) puo’ fare
ricorso alle autorita’ competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione
e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro e i mezzi impiegati per
attuarle non sono idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il
lavoro.
2. Il
rappresentante per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo
svolgimento dell’incarico senza perdita di retribuzione, nonche’ dei mezzi
necessari per l’esercizio delle funzioni e delle facolta’ riconosciutegli. 3. Le modalita’ per l’esercizio delle
funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva
nazionale.
4. Il
rappresentante per la sicurezza non puo’ subire pregiudizio alcuno a causa
dello svolgimento della propria attivita’ e nei suoi confronti si applicano le
stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali. 5. Il rappresentante per la sicurezza ha
accesso, per l’espletamento della sua funzione, al documento di cui all’art. 4,
commi 2 e 3, nonche’ al registro degli infortuni sul lavoro di cui all’art. 4,
comma 5, lettera o).
1. A
livello territoriale sono costituiti organismi paritetici tra le organizzazioni
sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, con funzioni di orientamento e
di promozione di iniziative formative nei confronti dei lavoratori. Tali
organismi sono inoltre primaistanza di riferimento in merito a controversie
sorte sull’applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e
formazione, previsti dalle norme vigenti.
2. Sono
fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali o partecipativi
previsti da accordi interconfederali, di categoria, nazionali, territoriali o
aziendali. 3. Agli effetti dell’art. 10 del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29, gli organismi di cui al comma 1 sono parificati alla
rappresentanza indicata nel medesimo articolo.
Capo VI INFORMAZIONE
E FORMAZIONE DEI LAVORATORI Art. 21. Informazione dei lavoratori 1. Il datore
di lavoro provvede affinche’ ciascun lavoratore riceva un’adeguata informazione
su: a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all’attivita’
dell’impresa in generale; b) le misure e le attivita’ di protezione e
prevenzione adottate; c) i rischi specifici cui e’ esposto in relazione
all’attivita’ svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in
materia; d) i pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati
pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla
normativa vigente e dalle norme di buona tecnica; e) le procedure che
riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio, l’evacuazione dei
lavoratori; f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il
medico competente; g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le
misure di cui agli articoli 12 e 15. 2. Il datore di lavoro fornisce le
informazioni di cui al comma 1, lettere a), b), c), anche ai lavoratori di cui
all’art. 1, comma 3.
1. Il
datore di lavoro, i dirigenti ed i preposti, nell’ambito delle rispettive
attribuzioni e competenze, assicurano che ciascun lavoratore, ivi compresi i
lavoratori di cui all’art. 1, comma 3, ricevano una formazione sufficiente ed
adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al
proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni.
2. La
formazione deve avvenire in occasione: a) dell’assunzione; b) del trasferimento
o cambiamento di mansioni; c) dell’introduzione di nuove attrezzature di lavoro
o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.
3. La
formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione all’evoluzione dei
rischi ovvero all’insorgenza di nuovi rischi.
4. Il
rappresentante per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in
materia di salute e sicurezza, concernente la normativa in materia di sicurezza
e salute e i rischi specificiesistenti nel proprio ambito di rappresentanza,
tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e
prevenzione dei rischi stessi.
5. Il
lavoratore incaricato dell’attivita’ di pronto soccorso, di lotta antincendio e
di evacuazione dei lavoratori deve essere adeguatamente formato. 6. La formazione dei lavoratori e quella dei
loro rappresentanti di cui al comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli
organismi paritetici di cui all’art.
20, durante l’orario di lavoro e non puo’ comportare oneri economici a
carico dei lavoratori.
7. I
Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanita’, sentita la
commissione consultiva permanente, possono stabilire i contenuti minimi della
formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di
lavoro di cui all’art. 10, comma 3, tenendo anche conto delle dimensioni e
della tipologia delle imprese.
Capo VII
DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Art. 23. Vigilanza 1. La
vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute
nei luoghi di lavoro e’ svolta dalla unita’ sanitaria locale e, per quanto di
specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonche’, per il
settore minerario, dal Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato.
2. Per
attivita’ lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, da individuare
con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri
del lavoro e della previdenza sociale e della sanita’, sentita la commissione
consultiva permanente, l’attivita’ di vigilanza sull’applicazione della
legislazione in materia di sicurezza puo’ essere esercitata anche
dall’ispettorato del lavoro che ne informa preventivamente il servizio di
prevenzione e sicurezza della unita’ sanitaria locale competente per
territorio.
3. Il
decreto di cui al comma 2 deve essere emanato entro dodici mesi dalla data di
entrata in vigore del presente decreto.
1. Le
regioni, il Ministero dell’interno tramite le strutture del Corpo nazionale dei
vigili del fuoco, l’ISPESL, anche mediante i propri dipartimenti periferici, il
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per mezzo degli ispettorati
del lavoro, il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, per
il settore estrattivo, tramite gli uffici della Direzione generale delle
miniere, l’Istituto italiano di medicina sociale e gli enti di patronato,
svolgono attivita’ di informazione, consulenza ed assistenza in materia di
sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, in particolare nei confronti delle
imprese artigiane e delle piccole e medie imprese e delle rispettive
associazioni dei datori di lavoro.
2.
L’attivita’ di consulenza non puo’ essere prestata dai soggetti che svolgono
attivita’ di controllo e di vigilanza.
1. Con atto
di indirizzo e coordinamento, da emanarsi, su proposta dei Ministri del lavoro
e della previdenza sociale e della sanita’, previa deliberazione del Consiglio
dei Ministri, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, sono individuati criteri al fine di assicurare unita’ ed omogeneita’
di comportamenti in tutto il territorio nazionale nell’applicazione delle
disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori. Art. 26. Commissione consultiva permanente
per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro 1. L’art. 393 del
decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e’ sostituito dal seguente: “Art. 393
(Costituzione della commissione). - 1. Presso il Ministero del lavoro e della
previdenza sociale e’ istituita una commissione consultiva permanente per la
prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro. Essa e’ presieduta dal
Ministro del lavoro e della previdenza sociale o dal direttore generale della
Direzione generale dei rapporti di lavoro da lui delegato, ed e’ composta da:
a) cinque funzionari esperti designati dal Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, di cui tre ispettori del lavoro, laureati uno in
ingegneria, uno in medicina e chirurgia e uno in chimica o fisica; b) il
direttore e tre funzionari dell’Istituto superiore per la prevenzione e
sicurezza del lavoro; c) un funzionario dell’Istituto superiore di sanita’; d)
un funzionario per ciascuno dei seguenti Ministeri: sanita’; industria,
commercio ed artigianato; interno; funzione pubblica; trasporti; risorse
agricole, alimentari e forestali; ambiente; e) sei rappresentanti delle regioni
e province autonome designati dalla Conferenza Stato-regioni; f) un rappresentante
dei seguenti organismi: Istituto nazionale assicurazioni e infortuni sul
lavoro; Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
Consiglio
nazionale delle ricerche; UNI; CEI; Agenzia nazionale protezione ambiente; g)
quattro esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su
designazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente
rappresentative a livello nazionale; h) quattro esperti nominati dal Ministro
del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni
sindacali dei datori di lavoro maggiormente rappresentative a livello
nazionale; i) un esperto nominato dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei dirigenti d’azienda
maggiormente rappresentative a livello nazionale. 2. Per ogni rappresentante effettivo e’ designato un membro
supplente. 3. All’inizio di ogni
mandato la commissione puo’ istituirecomitati speciali permanenti dei quali
determina la composizione e la funzione.
4. La commissione puo’ chiamare a far parte dei comitati di cui al comma
3 persone particolarmente esperte, anche su designazione delle associazioni
professionali, dell’universita’ e degli enti di ricerca, in relazione alle
materie trattate.
5. Le
funzioni inerenti alla segreteria della commissione sono disimpegnate da due
funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. 6. I componenti della commissione consultiva
permanente ed i segretari sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e
della previdenza sociale su designazione degli organismi competenti e durano in
carica tre anni.”. 2. L’art. 394 del
decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e’ sostituito dal seguente: “Art. 394
(Compiti della commissione). - 1. La commissione consultiva permanente ha il
compito di: a) esaminare i problemi applicativi della normativa in materia di
sicurezza e salute sul posto di lavoro e predisporre una relazione annuale al
riguardo; b) formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della
legislazione vigente e per il suo coordinamento con altre disposizioni
concernenti la sicurezza e la protezione della salute dei lavoratori, nonche’
per il coordinamento degli organi preposti alla vigilanza; c) esaminare le
problematiche evidenziate dai comitati regionali sulle misure preventive e di
controllo dei rischi adottate nei luoghi di lavoro; d) proporre linee guida
applicative della normativa di sicurezza; e) esprimere parere sugli adeguamenti
di natura strettamente tecnica relativi alla normativa CEE da attuare a livello
nazionale; f) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall’art. 48
del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277; g) esprimere parere sulle
richieste di deroga previste dall’art. 8 del decreto legislativo 25 gennaio 1992,
n. 77; h) esprimere parere sul riconoscimento di conformita’ alle prescrizioni
per la sicurezza e la salute dei lavoratori di norme tecniche; i) esprimere il
parere sui ricorsi avverso le disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro
nell’esercizio della vigilanza, sulle attivita’ comportanti rischi
particolarmente elevati, individuate ai sensi dell’art. 43, comma 1, lettera
g), n. 4, della legge 19 febbraio 1991, n. 142, secondo le modalita’ di cui
all’art. 402; l) esprimere parere, su richiesta del Ministero del lavoro e
della previdenza sociale o del Ministero della sanita’ o delle regioni, su
qualsiasi questione relativa alla sicurezza del lavoro e alla protezione della
salute dei lavoratori.
2. La
relazione di cui al comma precedente, lettera a), e’ resa pubblica ed e’
trasmessa alle commissioni parlamentari competenti ed ai presidenti delle
regioni. 3. La commissione, per l’espletamento dei suoi compiti, puo’ chiedere
dati o promuovere indagini e, su richiesta o autorizzazione del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale, effettuaresopralluoghi.”. 3. L’art. 395 del decreto del Presidente
della Repubblica 27 aprile 1995, n.
547, e’
soppresso.
1. Con atto
di indirizzo e coordinamento, da emanarsi entro un anno dalla data di entrata
in vigore del presente decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, su
proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanita’,
previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono individuati criteri
generali relativi all’individuazione di organi operanti nella materia della
sicurezza e della salute sul luogo di lavoro al fine di realizzare uniformita’
di interventi ed il necessario raccordo con la commissione consultiva
permanente.
2. Alle riunioni
della Conferenza Stato-regioni, convocate per i pareri di cui al comma 1,
partecipano i rappresentanti dell’ANCI, dell’UPI e dell’UNICEM.
1. Con
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i
Ministri della sanita’ e dell’industria, del commercio e dell’artigianato,
sentita la commissione consultiva permanente: a) e’ riconosciuta la conformita’
alle vigenti norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro
di mezzi e sistemi di sicurezza in attivita’ lavorative comportanti rischi
elevati e di nuove tecnologie; b) si da’ attuazione alle direttive in materia
di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro della Comunita’
europea per le parti in cui modificano modalita’ esecutive e caratteristiche di
ordine tecnico di altre direttive gia’ recepite nell’ordinamento nazionale; c)
si provvede all’adeguamento della normativa di natura strettamente tecnica e
degli allegati al presente decreto in relazione al progresso tecnologico. Capo VIII STATISTICHE DEGLI INFORTUNI E
DELLE MALATTIE PROFESSIONALI Art. 29. Statistiche degli infortuni e delle
malattie professionali 1. L’INAIL e l’ISPESL si forniscono reciprocamente i
dati relativi agli infortuni ed alle malattie professionali anche con strumenti
telematici. 2. L’ISPESL e L’INAIL
indicono una conferenza permanente di servizio per assicurare il necessario
coordinamento in relazione a quanto previsto dall’art. 8, comma 3, del decreto legislativo 7
dicembre 1993, n. 517, nonche’ per verificare l’adeguatezza dei sistemi di
prevenzione ed assicurativi, e per studiare e proporresoluzioni normative e
tecniche atte a ridurre il fenomeno degli infortuni e delle malattie
professionali.
3. I
criteri per la raccolta ed elaborazione delle informazioni relative ai rischi e
ai danni derivanti da infortunio durante l’attivita’ lavorativa sono
individuati nelle norme UNI, riguardanti i parametri per la classificazione dei
casi di infortunio, ed i criteri per il calcolo degli indici di frequenza e
gravita’ e loro successivi aggiornamenti.
4. Con
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della
sanita’, sentita la commissione consultiva permanente, possono essere
individuati criteri integrativi di quelli di cui al comma 3 in relazione a
particolari rischi.
5. I
criteri per la raccolta e l’elaborazione delle informazioni relative ai rischi
e ai danni derivanti dalle malattie professionali, nonche’ ad altre malattie e
forme patologiche eziologicamente collegate al lavoro, sono individuati con
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della
sanita’, sentita la commissione consultiva permanente, sulla base delle norme
di buona tecnica.
1. Ai fini
dell’applicazione delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per
luoghi di lavoro: a) i luoghi destinati a contenere posti di lavoro, ubicati
all’interno dell’azienda ovvero dell’unita’ produttiva, nonche’ ogni altro
luogo nell’area della medesima azienda ovvero unita’ produttiva comunque
accessibile per il lavoro.
2. Le
disposizioni del presente titolo non si applicano: a) ai mezzi di trasporto; b)
ai cantieri temporanei o mobili; c) alle industrie estrattive; d) ai
pescherecci; e) ai campi, boschi e altri terreni facenti parte di una impresa
agricola o forestale, ma situati fuori dall’area edificata dell’azienda. 3. Ferme restando le disposizioni di legge
vigenti, le prescrizioni di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro sono
specificate nell’allegato II. 4. I
luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di
eventuali lavoratori portatori di handicap.
5.
L’obbligo di cui al comma 4 vige, in particolare, per le porte, le vie di circolazione,
le scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati od occupati
direttamente da lavoratori portatori di handicap. 6. La disposizione di cui al comma 4 non si applica ai luoghi di
lavoro gia’ utilizzati prima del 1 gennaio 1993, ma debbono essere adottate
misure idonee a consentire la mobilita’ e l’utilizzazione dei servizi sanitari
e di igiene personale.
1. Ferme
restando le disposizioni legislative e regolamentari vigenti, i luoghi di lavoro
costruiti o utilizzati anteriormente all’entrata in vigore del presente decreto
devono essere adeguati alle prescrizioni di sicurezza e salute di cui al
presente titolo entro il 1 gennaio 1996.
1. Il
datore di lavoro provvede affinche’: a) le vie di circolazione interne o
all’aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di
emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l’utilizzazione in ogni
evenienza; b) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano
sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto piu’
rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza
e la salute dei lavoratori; c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi
vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche
adeguate; d) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla
prevenzione o all’eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare
manutenzione e al controllo del loro funzionamento.
1. L’art.
13 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e’
sostituito dal seguente: “Art. 13 (Vie e uscite di emergenza). - 1. Ai fini del
presente decreto si intende per: a) via di emergenza: percorso senza ostacoli
al deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di
raggiungere un luogo sicuro; b) uscita di emergenza: passaggio che immette in
un luogo sicuro; c) luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da
considerarsi al sicuro dagli effetti determinati dall’incendio o altre
situazioni di emergenza.
2. Le vie e
le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di raggiungere il
piu’ rapidamente possibile un luogo sicuro.
3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere
evacuati rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori. 4. Il numero, la distribuzione e le
dimensioni delle vie e delle uscite di emergenza devono essere adeguate alle
dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro ubicazione, alla loro destinazione
d’uso, alle attrezzature in essi installate, nonche’ al numero massimo di
persone che possono essere presenti in detti luoghi.
5. Le vie e
le uscite di emergenza devono avere altezza minima di m 2,0 e larghezza minima
conforme alla normativa vigente in materia antincendio. 6. Qualora le uscite di emergenza siano
dotate di porte, questedevono essere apribili nel verso dell’esodo e, qualora
siano chiuse, devono poter essere aperte facilmente ed immediatamente da parte
di qualsiasi persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza.
7. Le porte
delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave, se non in casi
specificamente autorizzati dall’autorita’ competente. 8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito e’
vietato adibire, quali porte delle uscite di emergenza, le saracinesche a
rullo, le porte scorrevoli verticalmente e quelle girevoli su asse
centrale. 9. Le vie e le uscite di emergenza,
nonche’ le vie di circolazione e le porte che vi danno accesso non devono
essere ostruite da oggetti in modo da poter essere utilizzate in ogni momento
senza impedimenti. 10. Le vie e le
uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita segnaletica, conforme
alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi appropriati.
11. Le vie
e le uscite di emergenza che richiedono un’illuminazione devono essere dotate
di un’illuminazione di sicurezza di intensita’ sufficiente, che entri in
funzione in caso di guasto dell’impianto elettrico. 12. Gli edifici che siano costruiti o adattati interamente per
lavorazioni che comportano un numero di lavoratori superiore a 25, ed in ogni
caso quando le lavorazioni ed i materiali ivi utilizzati presentino pericoli di
esplosione o di incendio e siano adibiti nello stesso locale piu’ di 5
lavoratori, devono avere almeno due scale distinte di facile accesso. Per gli
edifici gia’ costruiti si dovra’ provvedere in conformita’, quando non ne
esista la impossibilita’ accertata dall’organo di vigilanza: in quest’ultimo
caso sono disposte le misure e cautele ritenute piu’ efficienti.
13. Per i
luoghi di lavoro gia’ utilizzati prima del 1 gennaio 1993 non si applica la
disposizione contenuta nel comma 4, ma gli stessi debbono avere un numero
sufficiente di vie ed uscite di emergenza.”.
2. L’art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, e’ sostituito dal seguente: “Art. 14 (Porte e portoni). - 1. Le porte
dei locali di lavoro devono, per numero, dimensioni, posizione, e materiali di
realizzazione, consentire una rapida uscita delle persone ed essere agevolmente
apribili dall’interno durante il lavoro.
2. Quando
in un locale le lavorazioni ed i materiali comportino rischi di esplosione e di
incendio e siano adibiti alle attivita’ che si svolgono nel locale stesso piu’
di 5 lavoratori, almeno una porta ogni 5 lavoratori deve essere apribile nel
verso dell’esodo ed avere larghezza minima di m 1,20. 3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle
previste al comma 2, la larghezza minima delle porte e’ la seguente: a) quando
in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano fino a 25, il
locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 0,90; b)
quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in
numero compreso tra 26 e 50, il locale deve essere dotato di una porta avente
larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell’esodo; c) quando in uno
stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso
tra 51 e 100, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima
di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m 0,90, che si aprano
entrambe nel verso dell’esodo; d) quando in uno stesso locale i lavoratori
normalmente ivi occupati siano in numero superiore a 100, in aggiunta alle
porte previste alla lettera c) il locale deve essere dotato di almeno 1 porta
che si apra nel verso dell’esodo avente larghezza minima di m 1,20 per ogni 50
lavoratori normalmente ivi occupati o frazione compresa tra 10 e 50, calcolati
limitatamente all’eccedenza rispetto a 100.
4. Il
numero complessivo delle porte di cui al comma 3 puo’ anche essere minore,
purche’ la loro larghezza complessiva non risulti inferiore. 5. Alle porte per le quali e’ prevista una
larghezza minima di m 1,20 e’ applicabile una tolleranza in meno del 5% (cinque
per cento). 6. Quando in un locale di
lavoro le uscite di emergenza di cui all’art. 13, comma 5, coincidono con le
porte di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di cui all’art. 13, comma
5.
7. Nei
locali di lavoro ed in quelli adibiti a magazzino non sono ammesse le porte
scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte girevoli su asse centrale, quando
non esistano altre porte apribili verso l’esterno del locale. 8. Immediatamente accanto ai portoni
destinati essenzialmente alla circolazione dei veicoli devono esistere, a meno
che il passaggio dei pedoni sia sicuro, porte per la circolazione dei pedoni
che devono essere segnalate in modo visibile ed essere sgombre in permanenza.
9. Le porte
e i portoni apribili nei due versi devono essere trasparenti o essere muniti di
pannelli trasparenti.
10. Sulle
porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo all’altezza degli
occhi.
11. Se le
superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei portoni non sono
costituite da materiali di sicurezza e c’e’ il rischio che i lavoratori possano
rimanere feriti in caso di rottura di dette superfici, queste devono essere
protette contro lo sfondamento.
12. Le
porte scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro
di uscire dalle guide o di cadere.
13. Le
porte ed i portoni che si aprono verso l’alto devono disporre di un sistema di
sicurezza che impedisca loro di ricadere.
14. Le porte ed i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare
senza rischi di infortuni per i lavoratori. Essi devono essere muniti di
dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili e
poter essere aperti anche manualmente, salvo che la loro apertura possa
avvenire automaticamente in caso di mancanza di energia elettrica. 15. Le porte situate sul percorso delle vie
di emergenza devono essere contrassegnate in maniera appropriata con segnaletica
durevole conformemente alla normativa vigente. Esse devono poter essere aperte,
in ogni momento, dall’interno senza aiuto speciale.
16. Quando
i luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter essere aperte. 17. Per i luoghi di lavoro gia’ utilizzati
prima del 1 gennaio1993 non si applicano le disposizioni dei commi precedenti.
I locali di lavoro e quelli adibiti a deposito devono essere provvisti di porte
di uscita che abbiano la larghezza di almeno m 1,10 e che siano in numero non
inferiore ad una per ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione
compresa fra 10 e 50. Il numero delle porte puo’ anche essere minore, purche’
la loro larghezza complessiva non risulti inferiore.”.
3. L’art. 8
del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e’
sostituito dal seguente: “Art. 8 (Vie di circolazione, zone di pericolo,
pavimenti e passaggi). - 1. Le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse
e banchine e rampe di carico, devono essere situate e calcolate in modo tale
che i pedoni o i veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e
conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle
vicinanze di queste vie di circolazione non corrano alcun rischio.
2. Il
calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone ovvero merci dovra’
basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo di impresa. 3. Qualora sulle vie di circolazione siano
utilizzati mezzi di trasporto, dovra’ essere prevista per i pedoni una distanza
di sicurezza sufficiente. 4. Le vie di
circolazione destinate ai veicoli devono passare ad una distanza sufficiente da
porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale. 5. Nella misura in cui l’uso e
l’attrezzatura dei locali lo esigano per garantire la protezione dei
lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione deve essere evidenziato.
6. Se i
luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della natura del
lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute
d’oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire che i
lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone. 7. Devono essere prese misure appropriate
per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di pericolo.
8. Le zone
di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile. 9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e
dei luoghi destinati al passaggio non devono presentare buche o sporgenze
pericolose e devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed
il transito delle persone e dei mezzi di trasporto.
10. I
pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che
ostacolano la normale circolazione.
11. Quando
per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente eliminare dalle zone
di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo per i
lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli ostacoli devono
essere adeguatamente segnalati.”.
4.
L’intestazione del titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 19
marzo 1956, n. 303, e’ sostituita dalla seguente:
“Titolo II
DISPOSlZIONI PARTICOLARI”.
5.
Nell’art. 6, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo
1956, n. 303, dopo le parole “da destinarsi al lavoro nelle aziende” e’
soppressa la parola “industriali”.
6. L’art. 9
del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, e’
sostituito dal seguente: “Art. 9 (Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi). - 1.
Nei luoghi di lavoro chiusi, e’ necessario far si’ che tenendo conto dei metodi
di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi
dispongano di aria salubre in quantita’ sufficiente. 2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere
sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un
sistema di controllo, quando cio’ e’ necessario per salvaguardare la salute dei
lavoratori.
3. Se sono
utilizzati impianti di condizionamento dell’aria o di ventilazione meccanica,
essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti
d’aria fastidiosa.
4.
Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato
per la salute dei lavoratori dovuto all’inquinamento dell’aria respirata deve
essere eliminato rapidamente.”.
7. L’art.
11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, e’
sostituito dal seguente: “Art. 11 (Temperatura dei locali). - 1. La temperatura
nei locali di lavoro deve essere adeguata all’organismo umano durante il tempo
di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici
imposti ai lavoratori.
2. Nel
giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto della
influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidita’ ed il
movimento dell’aria concomitanti.
3. La
temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di sorveglianza,
dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso deve essere
conforme alla destinazione specifica di questi locali. 4. Le finestre, i lucernari e le pareti
vetrate devono essere tali da evitare un soleggiamento eccessivo dei luoghi di
lavoro, tenendo conto del tipo di attivita’ e della natura del luogo di lavoro.
5. Quando
non e’ conveniente modificare la temperatura di tutto l’ambiente, si deve
provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o
troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di
protezione.”.
8. L’art.
10 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, e’
sostituito dal seguente: “Art. 10 (Illuminazione naturale ed artificiale dei
luoghi di lavoro). - 1. I luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce
naturale ed essere dotati di dispositivi che consentono un’illuminazione
artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere
di lavoratori. 2. Gli impianti di
illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di circolazione devono essere
installati in modo che il tipo d’illuminazione previsto non rappresenta un
rischio di infortunio per i lavoratori.
3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente
esposti a rischi in caso di guasto dell’illuminazione artificiale,devono
disporre di un’illuminazione di sicurezza di sufficiente intensita’. 4. Le superfici vetrate illuminanti ed i
mezzi di illuminazione artificiale devono essere tenuti costantemente in buone
condizioni di pulizia e di efficienza.”.
9. L’art. 7
del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, e’
sostituito dal seguente: “Art. 7 (Pavimenti, muri, soffitti, finestre e
lucernari dei locali scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico). -
1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessita’ della
lavorazione, e’ vietato adibire a lavori continuativi i locali chiusi i che non
rispondono alle seguenti condizioni: a) essere ben difesi contro gli agenti
atmosferici, e provvisti di un isolamento termico sufficiente, tenuto conto del
tipo di impresa e dell’attivita’ fisica dei lavoratori; b) avere aperture
sufficienti per un rapido ricambio d’aria; c) essere ben asciutti e ben difesi
contro l’umidita’; d) avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei
soffitti tali da poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni adeguate
di igiene. 2. I pavimenti dei locali
devono essere esenti da protuberanze, cavita’ o piani inclinati pericolosi,
devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli. 3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul
pavimento sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie
unita ed impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi
verso i punti di raccolta e scarico.
4. Quando
il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si mantiene bagnato,
esso deve essere munito in permanenza di palchetti o di graticolato, se i
lavoratori non sono forniti di idonee calzature impermeabili. 5. Qualora non ostino particolari condizioni
tecniche, le pareti dei locali di lavoro devono essere a tinta chiara.
6. Le
pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti completamente
vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e delle vie di
circolazione, devono essere chiaramente segnalate e costituite da materiali di
sicurezza ovvero essere separate dai posti di lavoro e dalle vie di
circolazione succitati, in modo tale che i lavoratori non possono entrare in
contatto con le pareti, ne’ essere feriti qualora esse vadano in frantumi. 7. Le finestre, i lucernari e i dispositivi
di ventilazione devono poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori
in er i lavoratori. 8. Le finestre e i
lucernari devono essere concepiti congiuntamente con l’attrezzatura o dotati di
dispositivi che consentono la loro pulitura senza rischi per i lavoratori che
effettuano tale lavoro nonche’ per i lavoratori presenti nell’edificio ed
intorno ad esso.
9.
L’accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente resistenti puo’
essere autorizzato soltanto se sono fornite attrezzature che permettono di
eseguire il lavoro in tutta sicurezza.
10. Le
scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in piena sicurezza, devono
essere muniti dei necessari dispositivi disicurezza e devono possedere
dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed
accessibili. 11. Le banchine e rampe di
carico devono essere adeguate alle dimensioni dei carichi trasportati.
12. Le
banchine di carico devono disporre di almeno un’uscita. Ove e’ tecnicamente
possibile, le banchine di carico che superano m 25,0 di lunghezza devono
disporre di un’uscita a ciascuna estremita’.
13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da evitare che
i lavoratori possono cadere.”.
10. L’art.
14 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, e’
sostituito dal seguente: “Art. 14 (Locali di riposo). - 1. Quando la sicurezza
e la salute dei lavoratori, segnatamente a causa del tipo di attivita’, lo
richiedono, i lavoratori devono poter disporre di un locale di riposo
facilmente accessibile.
2. La
disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il personale lavora in
uffici o in analoghi locali di lavoro che offrono equivalenti possibilita’ di
riposo durante la pausa.
3. I locali
di riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere dotati di un numero di
tavoli e sedili con schienale in funzione del numero dei lavoratori. 4. Nei locali di riposo si devono adottare
misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del
fumo.
5. Quando
il tempo di lavoro e’ interrotto regolarmente e frequentemente e non esistono
locali di riposo, devono essere messi a disposizione del personale altri locali
affinche’ questi possa soggiornarvi durante l’interruzione del lavoro nel caso
in cui la sicurezza o la salute dei lavoratori lo esige. In detti locali e’
opportuno prevedere misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli
inconvenienti del fumo.
6. L’organo
di vigilanza puo’ prescrivere che, anche nei lavori continuativi, il datore di
lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare stando a sedere ogni qnon pregiudica
la normale esecuzione del lavoro.
7. Le donne
incinte e le madri che allattano devono avere la possibilita’ di riposarsi in
posizione distesa e in condizioni appropriate.”. 11. L’art. 40 del decreto del Presidente della Repubblica 19
marzo 1956, n. 303, e’ sostituito dal seguente: “Art. 40 (Spogliatoi e armadi
per il vestiario). - 1. Locali appositamente destinati a spogliatoi devono
essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare
indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di salute o di decenza non
si puo’ loro chiedere di cambiarsi in altri locali.
2. Gli
spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente arredati.
3. I locali
destinati a spogliatoio devono avere una capacita’ sufficiente, essere
possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben difesi dalle
intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili. 4. Gli spogliatoi devono essere dotati di
attrezzature che consentono a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri
indumenti durante il tempo di lavoro.
5. Qualora i lavoratori svolgano attivita’ insudicianti,polverose, con
sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose od
incrostanti, nonche’ in quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive od
infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono
essere separati da quelli per gli indumenti privati.
6. Qualora
non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve poter disporre delle
attrezzature di cui al comma 4 per poter riporre i propri indumenti.”. 12. Gli articoli 37 e 39 del decreto del
Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, sono sostituiti dai
seguenti: “Art. 37 (Docce e lavabi). - 1. Docce sufficienti ed appropriate
devono essere messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di attivita’ o
la salubrita’ lo esigono. 2. Devono
essere previsti locali per le docce separati per uomini e donne o
un’utilizzazione separata degli stessi. Le docce o i lavabi e gli spogliatoi
devono comunque facilmente comunicare tra loro. 3. I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per
permettere a ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni
appropriate di igiene.
4. Le docce
devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi detergenti e
per asciugarsi.
5. Devono
essere previsti lavabi separati per uomini e donne ovvero un’utilizzazione
separata dei lavabi, qualora cio’ sia necessario per motivi di decenza.
1. I
lavoratori devono disporre, in prossimita’ dei loro posti di lavoro, dei locali
di riposo, degli spogliatoi, delle docce o lavabi, di locali speciali dotati di
un numero sufficiente di gabinetti e di lavabi, con acqua corrente calda, se
necessario, e dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi. 2. Per uomini e
donne devono essere previsti gabinetti separati.”. 13. L’art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1955, n. 547, e’ sostituito dal
seguente: “Art. 11 (Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni).
- 1. I posti di lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi contro
la caduta o l’investimento di materiali in dipendenza dell’attivita’
lavorativa. 2. Ove non e’ possibile la
difesa con mezzi tecnici, devono essere adottate altre misure o cautele
adeguate.
3. I posti
di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti all’aperto
utilizzati od occupati dai lavoratori durante le loro attivita’ devono essere
concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli puo’
avvenire in modo sicuro.
4. Le
disposizioni di cui all’art. 7 e le disposizioni sulle vie di circolazione e
zone di pericolo sono altresi’ applicabili alle vie di circolazione principali
sul terreno dell’impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di
lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione
e sorveglianza degli impianti dell’impresa, nonche’ alle banchine di
carico. 5. Le disposizioni sulle vie di
circolazione e zone di pericolo si applicano per analogia ai luoghi di lavoro
esterni.
6. I luoghi
di lavoro all’aperto devono essere opportunamente illuminati con luce
artificiale quando la luce del giorno non e’ sufficiente. 7. Quando i lavoratori occupano posti di
lavoro all’aperto, questidevono essere strutturati, per quanto tecnicamente
possibile, in modo tale che i lavoratori: a) sono protetti contro gli agenti
atmosferici e, se necessario, contro la caduta di oggetti; b) non sono esposti
a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi, quali gas, vapori, polveri;
c) possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo o
possono essere soccorsi rapidamente; d) non possono scivolare o cadere.”.
14. Le
disposizioni di cui al presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la
pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
1. Agli
effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per: a)
attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile od impianto
destinato ad essere usato durante il lavoro; b) uso di una attrezzatura di
lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro,
quale la messa in servizio o fuori servizio, l’impiego, il trasporto, la
riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, lo smontaggio; c)
zona pericolosa: qualsiasi zona all’interno ovvero in prossimita’ di una
attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un
rischio per la salute o la sicurezza dello stesso.
1. Il
datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al
lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai fini della
sicurezza e della salute.
2. Il
datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre
al minimo i rischi connessi all’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei
lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per
operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte. 3. All’atto della scelta delle attrezzature
di lavoro il datore di lavoro prende in considerazione: a) le condizioni e le
caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere; b) i rischi presenti nell’ambiente
di lavoro; c) i rischi derivanti dall’impiego delle attrezzature stesse.
4. Il
datore di lavoro prende le misure necessarie affinche’ le attrezzature di
lavoro siano: a) installate in conformita’ alle istruzioni del fabbricante; b)
utilizzate correttamente; c) oggetto di idonea manutenzione al fine di
garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti di cui all’art. 36 e siano
corredate, ovenecessario, da apposite istruzioni d’uso.
5. Qualora
le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilita’
particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro si
assicura che: a) l’uso dell’attrezzatura di lavoro e’ riservato a lavoratori
all’uopo incaricati; b) in caso di riparazione, di trasformazione o
manutenzione, il lavoratore interessato e’ qualificato in maniera specifica per
svolgere tali compiti.
Art. 36.
Disposizioni concernenti le attrezzature di lavoro 1. Le attrezzature di lavoro
messe a disposizione dei lavoratori devono soddisfare alle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di tutela della sicurezza e salute dei
lavoratori stessi ad esse applicabili.
2. Nulla e’ innovato nel regime giuridico che regola le operazioni di
verifica periodica delle attrezzature per le quali tale regime e’ obbligatoriamente
previsto. In ogni caso le modalita’ e le procedure tecniche delle relative
verifiche seguono il regime giuridico corrispondente a quello in base al quale
l’attrezzatura e’ stata costruita e messa in servizio. 3. Il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con i Ministri dell’industria, del commercio e
dell’artigianato e della sanita’, sentita la commissione consultiva permanente,
puo’ stabilire modalita’ e procedure per l’effettuazione delle verifiche di cui
al comma 2.
4.
Nell’art. 52 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, dopo il comma 2 e’ aggiunto, in
fine, il seguente comma: “Se cio’ e’ appropriato e funzionale rispetto ai
pericoli dell’attrezzatura di lavoro e del tempo di arresto normale, un’attrezzatura
di lavoro deve essere munita di un dispositivo di arresto di emergenza.”.
5.
Nell’art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, dopo il comma 3 e’ aggiunto, in
fine, il seguente comma: “Qualora i mezzi di cui al comma 1 svolgano anche la
funzione di allarme essi devono essere ben visibili ovvero comprensibili senza
possibilita’ di errore.”. 6. Nell’art.
374 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 e’ aggiunto, in fine,
il seguente comma: “Ove per le apparecchiature di cui al comma 2 e’ fornito il
libretto di manutenzione occorre prevedere l’aggiornamento di questo
libretto.”.
7.
Nell’art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 18 marzo 1956, n. 303, dopo il comma 2 sono aggiunti, in fine,
i seguenti commi: “Un’attrezzatura che presenta pericoli causati da cadute o da
proiezione di oggetti deve essere munita di dispositivi appropriati di
sicurezza corrispondenti a tali pericoli.
Un’attrezzatura di lavoro che comporta pericoli dovuti ademanazione di
gas, vapori o liquidi ovvero ad emissioni di polvere, deve essere munita di
appropriati dispositivi di ritenuta ovvero di estrazione vicino alla fonte
corrispondente a tali pericoli.”.
8. Le
disposizioni del presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la
pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
1. Il
datore di lavoro provvede affinche’ per ogni attrezzatura di lavoro a
disposizione, i lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni
istruzione d’uso necessaria in rapporto alla sicurezza e relativa: a) alle
condizioni di impiego delle attrezzature anche sulla base delle conclusioni
eventualmente tratte dalle esperienze acquisite nella fase di utilizzazione
delle attrezzature di lavoro; b) alle situazioni anormali prevedibili. 2. Le informazioni e le istruzioni d’uso
devono risultare comprensibili ai lavoratori interessati.
1.Il datore
di lavoro si assicura che: a) i lavoratori incaricati di usare le attrezzature
di lavoro ricevono una formazione adeguata sull’uso delle attrezzature di
lavoro; b) i lavoratori incaricati dell’uso delle attrezzature che richiedono
conoscenze e responsabilita’ particolari di cui all’art. 35, comma 5, ricevono
un addestramento adeguato e specifico che li metta in grado di usare tali
attrezzature in modo idoneo e sicuro anche in relazione ai rischi causati ad
altre persone.
1. I
lavoratori si sottopongono ai programmi di formazione o di addestramento
eventualmente organizzati dal datore di lavoro.
2. I
lavoratori utilizzano le attrezzature di lavoro messe a loro disposizione
conformemente all’informazione, alla formazione ed all’addestramento
ricevuti. 3. I lavoratori: a) hanno
cura delle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione; b) non vi
apportano modifiche di propria iniziativa; c) segnalano immediatamente al
datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto od
inconveniente da essi rilevato nelle attrezzature di lavoro messe a loro
disposizione.
1. Si
intende per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura
destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo
contro uno o piu’ rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute
durante il lavoro, nonche’ ogni complemento o accessorio destinato a tale
scopo.
2. Non sono
dispositivi di protezione individuale: a) gli indumenti di lavoro ordinari e le
uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del
lavoratore; b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio; c) le
attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di
polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell’ordine pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto
stradali; e) i materiali sportivi; f) i materiali per l’autodifesa o per la
dissuasione; g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e
fattori nocivi.
1. I DPI
devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o
sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di
protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del
lavoro.
1. I DPI
devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4 dicembre
1992, n. 475.
2. I DPI di
cui al comma 1 devono inoltre: a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza
comportare di per se’ un rischio maggiore; b) essere adeguati alle condizioni
esistenti sul luogo di lavoro; c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di
salute del lavoratore; d) poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue
necessita’.
3. In caso
di rischi multipli che richiedono l’uso simultaneo di piu’ DPI, questi devono
essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell’uso simultaneo, la
propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.
1. Il
datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI: a) effettua l’analisi e la
valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi; b)
individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinche’ questi siano adeguati
ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti
di rischio rappresentate dagli stessi DPI; c) valuta, sulla base delle
informazioni a corredo dei DPI fornite dal fabbricante e delle norme d’uso di
cui all’art. 45 le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le
raffronta con quelle individuate alla lettera b); d) aggiorna la scelta ogni
qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione
di cui al comma 1.
2. Il
datore di lavoro, anche sulla base delle norme d’uso di cui all’art. 45,
individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto
riguarda la durata dell’uso, in funzione di: a) entita’ del rischio; b)
frequenza dell’esposizione al rischio; c) caratteristiche del posto di lavoro
di ciascun lavoratore; d) prestazioni del DPI.
3. Il
datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti previsti
dall’art. 42 e dal decreto di cui all’art. 45, comma 2. 4. Il datore di lavoro: a) mantiene in
efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d’igiene, mediante la
manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie; b) provvede a che i
DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed
eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante; c) fornisce
istruzioni comprensibili per i lavoratori; d) destina ogni DPI ad un uso
personale e, qualora le circostanze richiedano l’uso di uno stesso DPI da parte
di piu’ persone, prende misure adeguate affinche’ tale uso non ponga alcun
problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori; e) informa preliminarmente
il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge; f) rende disponibile
nell’azienda ovvero unita’ produttiva informazioni adeguate su ogni DPI; g)
assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico
addestramento circa l’uso corretto e l’utilizzo pratico dei DPI. 5. In ogni caso l’addestramento e’
indispensabile: a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4
dicembre 1992, n. 475, appartenga alla terza categoria; b) per i dispositivi di
protezione dell’udito.
1. I
lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento
organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi
dell’art. 43, commi 4, lettera g), e 5.
2. I
lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente
all’informazione e alla formazione ricevute e all’addestramento eventualmente
organizzato.
3. I lavoratori:
a) hanno cura dei DPI messi a loro disposizione; b) non vi apportano modifiche
di propria iniziativa.
4. Al
termine dell’utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di
riconsegna dei DPI.
5. I
lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al
preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a
loro disposizione.
1. Il
contenuto degli allegati III, IV e V costituisce elemento di riferimento per
l’applicazione di quanto previsto all’art. 43, commi 1 e 4. 2. Il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio e
dell’artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, tenendo conto
della natura, dell’attivita’ e dei fattori specifici di rischio, indica: a) i
criteri per l’individuazione e l’uso dei DPI; b) le circostanze e le situazioni
in cui, ferme restando le priorita’ delle misure di protezione collettiva, si
rende necessario l’impiego dei DPI.
1. Fino
alla data del 31 dicembre 1998 e, nel caso di dispositivi di emergenza
destinati all’autosalvataggio in caso di evacuazione, fino al 31 dicembre 2004,
possono essere impiegati: a) i DPI commercializzati ai sensi dell’art. 15,
comma 1, del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475; b) i DPI gia’ in uso
alla data di entrata in vigore del presente decreto prodotti conformemente alle
normative vigenti nazionali o di altri Paesi della Comunita’ europea.
1. Le norme
del presente titolo si applicano alle attivita’ che comportano la
movimentazione manuale dei carichi con i rischi, tra l’altro, di lesioni
dorso-lombari per i lavoratori durante il lavoro.
2. Si
intendono per: a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di
trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o piu’ lavoratori,
comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare
un carico che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni
ergonomiche sfavorevoli, comportano tra l’altro rischi di lesioni
dorso-lombari; b) lesioni dorso-lombari: lesioni a carico delle strutture
osteomiotendinee e nerveovascolari a livello dorso lombare.
1. Il
datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie o ricorre ai mezzi
appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessita’
di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori. 2. Qualora non sia possibile evitare la
movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro
adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o
fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il
rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, in base
all’allegato VI.
3. Nel caso
in cui la necessita’ di una movimentazione manuale di un carico ad opera del
lavoratore non puo’ essere evitata, il datore di lavoro organizza i posti di
lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto piu’ possibile sicura e
sana.
4. Nei casi
di cui al comma 3 il datore di lavoro: a) valuta, se possibile,
preliminarmente, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in
questione e tiene conto in particolare delle caratteristiche del carico, in
base all’allegato VI; b) adotta le misure atte ad evitare o ridurre tra l’altro
i rischi di lesioni dorso-lombari, tenendo conto in particolare dei fattori
individuali di rischio, delle caratteristiche dell’ambiente di lavoro e delle
esigenze che tale attivita’ comporta, in base all’allegato VI; c) sottopone
alla sorveglianza sanitaria di cui all’art. 16 gli addetti alle attivita’ di
cui al presente titolo.
1. Il
datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto
riguarda: a) il peso di un carico; b) il centro di gravita’ o il lato piu’
pesante nel caso in cui il contenuto di un imballaggio abbia una collocazione
eccentrica; c) la movimentazione corretta dei carichi e i rischi che i
lavoratori corrono se queste attivita’ non vengono eseguite in maniera
corretta, tenuto conto degli elementi di cui all’allegato VI. 2. Il datore di lavoro assicura ai
lavoratori una formazione adeguata, in particolare in ordine a quanto indicato
al comma 1.
1. Le norme
del presente titolo si applicano alle attivita’ lavorative che comportano l’uso
di attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del presente titolo si applicano ai lavoratori addetti: a)
ai posti di guida di veicoli o macchine; b) ai sistemi informatici montati a
bordo di un mezzo di trasporto; c) ai sistemi informatici destinati in modo
prioritario all’utilizzazione da parte del pubblico; d) ai sistemi denominati
“portatili” ove non siano oggetto di utilizzazione prolungata in un posto di
lavoro; e) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le
attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o
delle misure, necessario all’uso diretto di tale attrezzatura; f) alle macchine
di videoscrittura senza schermo separato.
1. Ai fini
del presente titolo si intende per: a) videoterminale: uno schermo alfanumerico
o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;
b) posto di lavoro: l’insieme che comprende le attrezzature munite di
videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione
dati, ovvero software per l’interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali,
le apparecchiature connesse, comprendenti l’unita’ a dischi, il telefono, il
modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro,
nonche’ l’ambiente di lavoro immediatamente circostante; c) lavoratore: il
lavoratore che utilizza una attrezzatura munita di videoterminale in modo
sistematico ed abituale, per almeno quattro ore consecutive giornaliere, dedotte
le pause di cui all’art. 54, per tutta la settimana lavorativa.
1. Il
datore di lavoro, all’atto della valutazione del rischio di cui all’art. 4, comma 1, analizza i posti di lavoro con
particolare riguardo: a) ai rischi per la vista e per gli occhi; b) ai problemi
legati alla postura ed all’affaticamento fisico o mentale; c) alle condizioni
ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il
datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati
in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero
della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.
1. Il
datore di lavoro assegna le mansioni e i compiti lavorativi comportanti l’uso
dei videoterminali anche secondo una distribuzione del lavoro che consente di
evitare il piu’ possibile la ripetitivita’ e la monotonia delle operazioni.
1. Il
lavoratore, qualora svolga la sua attivita’ per almeno quattro ore consecutive,
ha diritto ad una interruzione della sua attivita’ mediante pause ovvero
cambiamento di attivita’.
2. Le
modalita’ di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva
anche aziendale.
3. In
assenza di una disposizione contrattuale riguardante l’interruzione di cui al
comma 1, il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni
centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale. 4. Le modalita’ e la durata delle
interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a livello individuale ove
il medico competente ne evidenzi la necessita’.
5. E’
comunque esclusa la cumulabilita’ delle interruzioni all’inizio ed al termine
dell’orario di lavoro.
6. Nel
computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa della
risposta da parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli
effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il posto di
lavoro.
7. La pausa
e’ considerata a tutti gli effetti parte integrante dell’orario di lavoro e,
come tale, non e’ riassorbibile all’interno di accordi che prevedono la
riduzione dell’orario complessivo di lavoro.
1. I
lavoratori di cui all’art. 54, prima di essere addetti alle attivita’ di cui al
presente titolo, sono sottoposti ad una visita medica per evidenziare eventuali
malformazioni strutturali e ad un esame degli occhi e della vista effettuati
dal medico competente. Qualora l’esito della visita medica ne evidenzi la necessita’,
il lavoratore e’ sottoposto ad esami specialistici. 2. In base alle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i
lavoratori vengono classificati in: a) idonei, con o senza prescrizioni; b) non
idonei. 3. I lavoratori classificati
come idonei con prescrizioni ed i lavoratori che abbiano compiuto il
quarantacinquesimo anno di eta’ sono sottoposti a visita di controllo con
periodicita’ almeno biennale.
4. Il
lavoratore e’ sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta, ogni
qualvolta sospetta una sopravvenuta alterazione della funzione visiva,
confermata dal medico competente.
5. La spesa
relativa alla dotazione di dispositivi speciali di correzione in funzione
dell’attivita’ svolta e’ a carico del datore di lavoro.
1. Il
datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto
riguarda: a) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all’analisi
dello stesso di cui all’art. 52; b) le modalita’ di svolgimento dell’attivita’;
c) la protezione degli occhi e della vista.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in
particolare in ordine a quanto indicato al comma 1. 3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto
con il Ministro della sanita’, stabilisce con decreto una guida d’uso dei
videoterminali.
1. Il
datore di lavoro informa preventivamente i lavoratori e il rappresentante per
la sicurezza dei cambiamenti tecnologici che comportano mutamenti
nell’organizzazione del lavoro, in riferimento alle attivita’ di cui al
presente titolo.
1. I posti
di lavoro utilizzati successivamente alla data di entrata in vigore del
presente decreto devono essere conformi alle prescrizioni dell’allegato
VII. 2. I posti di lavoro utilizzati
anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto devono essere
adeguati a quanto prescritto al comma 1 entro il 1 gennaio 1996.
1. Con decreto
dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanita’ e
dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita la commissione
consultiva permanente, sono disposti, anche in recepimento di direttive
comunitarie, gli adattamenti di carattere tecnico all’allegato VII in funzione
del progresso tecnico, della evoluzione delle normative e specifiche
internazionali oppure delle conoscenze nel settore delle attrezzature dotate di
videoterminali.
Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 60.
Campo di applicazione
1. Le norme
del presente titolo si applicano a tutte le attivita’ nelle quali i lavoratori
sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni a causa della loro
attivita’ lavorativa.
2. Le norme
del presente titolo non si applicano alle attivita’ disciplinate dal: a)
decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 962; b) decreto
legislativo 25 gennaio 1992, n. 77; c) decreto legislativo 15 agosto 1991, n.
277, capo III.
3. Il presente
titolo non si applica ai lavoratori esposti soltanto alle radiazioni previste
dal trattato che istituisce la Comunita’ europea dell’energia atomica.
1. Agli
effetti del presente decreto si intende per agente cancerogeno: a) una sostanza
alla quale, nell’allegato 1 della direttiva 67/548/CEE, e’ attribuita la
menzione R 45: “Puo’ provocare il cancro” o la menzione R 49: “Puo’ provocare
il cancro per inalazione”; b) un preparato su cui, a norma dell’art. 3,
paragrafo 5, lettera j), della direttiva 88/379/CEE deve essere apposta
l’etichetta con la menzione R 45: “Puo’ provocare in cancro” o con la menzione
R 49: “Puo’ provocare il cancro per inalazione”; c) una sostanza, un preparato
o un processo di cui all’allegato VIII nonche’ una sostanza od un preparato
prodotti durante un processo previsto all’allegato VIII.
Capo II
OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO
Art. 62.
Sostituzione e riduzione
1. Il
datore di lavoro evita o riduce l’utilizzazione di un agente cancerogeno sul
luogo di lavoro in particolare sostituendolo, sempre che cio’ e’ tecnicamente
possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle
condizioni in cui viene utilizzato non e’ o e’ meno nocivo alla salute e
eventualmente alla sicurezza dei lavoratori.
2. Se non
e’ tecnicamente possibile sostituire l’agente cancerogeno il datore di lavoro
provvede affinche’ la produzione o l’utilizzazione dell’agente cancerogeno
avvenga in un sistema chiuso sempre che cio’ e’ tecnicamente possibile.
3. Se il
ricorso ad un sistema chiuso non e’ tecnicamente possibile il datore di lavoro
provvede affinche’ il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al piu’
basso valore tecnicamente possibile.
1. Fatto
salvo quanto previsto all’art. 62, il datore di lavoro effettua una valutazione
dell’esposizione a agenti cancerogeni, i risultati della quale sono riportati
nel documento di cui all’art. 4, commi 2 e 3.
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche
delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi
di agenti cancerogeni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione,
della capacita’ degli stessi di penetrare nell’organismo per le diverse vie di
assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo
statosolido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o
meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la
fuoriuscita.
3. Il
datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma
1, adotta le misure preventive e protettive del presente titolo, adattandole
alle particolarita’ delle situazioni lavorative. 4. Il documento di cui all’art. 4, commi 2 e 3, e’ integrato con
i seguenti dati: a) le attivita’ lavorative che comportano la presenza di
sostanze o preparati cancerogeni o di processi industriali di cui all’allegato
VIII, con l’indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti
cancerogeni; b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni
prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurita’ o sottoprodotti; c)
il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti
cancerogeni; d) l’esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado
della stessa; e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei
dispositivi di protezione individuale utilizzati; f) le indagini svolte per la
possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e i preparati
eventualmente utilizzati come sostituti.
5. Il
datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in
occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della
sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni
dall’ultima valutazione effettuata. 6. Il rappresentante per la sicurezza ha
accesso anche ai dati di cui al comma 4, fermo restando l’obbligo di cui
all’art. 9, comma 3.
1. Il
datore di lavoro: a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro
adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di
agenti cancerogeni non superiori alle necessita’ delle lavorazioni e che gli
agenti cancerogeni in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio
di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi
superiori alle necessita’ predette; b) limita al minimo possibile il numero dei
lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni, anche
isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di
avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali “vietato fumare”, ed
accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi
con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree e’ fatto divieto di
fumare; c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi e’
emissione di agenti cancerogeni nell’aria. Se cio’ non e’ tecnicamente
possibile, l’eliminazione degli agenti cancerogeni deve avvenire il piu’ vicino
possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto
dell’art. 4, comma 5, lettera n).
L’ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di
ventilazione generale; d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni per
verificare l’efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare
precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da
un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle
indicazioni dell’allegato VIII del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature
e degli impianti; f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono
comportare esposizioni elevate; g) assicura che gli agenti cancerogeni sono
conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza; h) assicura che
la raccolta e l’immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei
residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni, avvengano in
condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici
etichettati in modo chiaro, netto, visibile; i) dispone, su conforme parere del
medico competente, misure protettive particolari per quelle categorie di
lavoratori per i quali l’esposizione a taluni agenti cancerogeni presenta
rischi particolarmente elevati.
1. Il
datore di lavoro: a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici
appropriati ed adeguati; b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione
idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili; c)
provvede affinche’ i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in
luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo
altresi’ a far riparare o sostituire quelli difettosi, prima di ogni nuova
utilizzazione.
2. E’
vietato assumere cibi e bevande o fumare nelle zone di lavoro di cui all’art.
64, lettera b).
1. Il
datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze
disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda: a)
gli agenti cancerogeni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i
rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi
supplementari dovuti al fumare; b) le precauzioni da prendere per evitare
l’esposizione; c) le misure igieniche da osservare; d) la necessita’ di
indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi
individuali di protezione ed il loro corretto impiego; e) il modo di prevenire
il verificarsi di incidenti e le misureda adottare per ridurre al minimo le
conseguenze.
2. Il
datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare
in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L’informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite
prima che i lavoratori siano adibiti alle attivita’ in questione e vengono
ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si
verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul
grado dei rischi. 4. Il datore di
lavoro provvede inoltre affinche’ gli impianti, i contenitori, gli imballaggi
contenenti agenti cancerogeni siano etichettati in maniera chiaramente
leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le altre indicazioni
devono essere conformi al disposto della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modifiche ed integrazioni.
1. Se si
verificano eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare
un’esposizione anomala dei lavoratori, il datore di lavoro adotta quanto prima
misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell’evento e ne
informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza. 2. I lavoratori devono abbandonare
immediatamente l’area interessata, cui possono accedere soltanto gli addetti
agli interventi di riparazione ed ad altre operazioni necessarie, indossando
idonei indumenti protettivi e dispositivi di protezione delle vie respiratorie,
messi a loro disposizione dal datore di lavoro. In ogni caso l’uso dei
dispositivi di protezione non puo’ essere permanente e la sua durata, per ogni
lavoratore, e’ limitata al minimo strettamente necessario.
3. Il
datore di lavoro comunica al piu’ presto all’organo di vigilanza il verificarsi
degli eventi di cui al comma 1 e riferisce sulle misure adottate per ridurre al
minimo le conseguenze.
1. Nel caso
di determinate operazioni lavorative, come quella di manutenzione, per le
quali, nonostante l’adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente
applicabili, e’ prevedibile un’esposizione rilevante dei lavoratori addetti, il
datore di lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza: a)
dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree anche
provvedendo, ove tecnicamente possibile, all’isolamento delle stesse ed alla
loro identificazione mediante appositi contrassegni; b) fornisce ai lavoratori
speciali indumenti e dispositivi di protezione individuale che devono essere
indossati dai lavoratori adibiti alle suddette operazioni. 2. La presenza nelle aree di cui al comma 1
dei lavoratori addetti e’ in ogni caso ridotta al minimo compatibilmente con le
necessita’ delle lavorazioni.
Art. 69.
Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche 1. I
lavoratori per i quali la valutazione di cui all’art. 63 ha evidenziato un
rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria. 2. Il datore di lavoro, su conforme parere
del medico competente, adotta misure preventive e protettive per singoli
lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici
effettuati.
3. Le
misure di cui al comma 2 possono comprendere l’allontanamento del lavoratore
secondo le procedure dell’art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n.
277.
4. Ove gli
accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo
analogo ad uno stesso agente, l’esistenza di una anomalia imputabile a tale
esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro. 5. A seguito dell’informazione di cui al
comma 4 il datore di lavoro dispone una nuova valutazione del rischio in
conformita’ all’art. 63 e, ove tecnicamente possibile, una misurazione della
concentrazione dell’agente in aria, per verificare l’efficacia delle misure
adottate.
6. Il
medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla
sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo
all’opportunita’ di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la
cessazione dell’attivita’ lavorativa.
1. I
lavoratori di cui all’art. 69 sono iscritti in un registro nel quale e’
riportata, per ciascuno di essi, l’attivita’ svolta, l’agente cancerogeno
utilizzato ed, ove noto, il valore dell’esposizione a tale agente. Detto
registro e’ istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta
per il tramite del medico competente. Il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione dai rischi e il rappresentante per la sicurezza hanno
accesso a detto registro.
2. Per
ciascuno dei lavoratori di cui all’art. 69 e’ istituita una cartella sanitaria
e di rischio, custodita, a cura del medico competente, presso l’azienda ovvero
l’unita’ produttiva, sotto la responsabilita’ del datore di lavoro.
3. Il
datore di lavoro: a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all’ISPESL
ed all’organo di vigilanza competente per territorio e comunicando loro ogni 3
anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni
intervenute; b) consegna, a richiesta, all’Istituto superiore di sanita’ copia
del registro di cui al comma 1; c) comunica, all’ISPESL e all’organo di
vigilanza competente per territorio, la cessazione del rapporto di lavoro dei
lavoratori di cui all’art. 69, con le eventuali variazioni sopravvenute
dall’ultimacomunicazione, delle relative annotazioni individuali contenute nel
registro di cui al comma 1. Consegna all’ISPESL le relative cartelle sanitarie
e di rischio di cui al comma 2; d) in caso di cessazione di attivita’
dell’azienda, consegna il registro di cui al comma 1 all’ISPESL e copia dello
stesso all’organo di vigilanza competente per territorio. Consegna all’ISPESL
le cartelle sanitarie e di rischio di cui al comma 2; e) in caso di assunzione
di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attivita’ con esposizione al
medesimo agente, richiede all’ISPESL copia delle annotazioni individuali
contenute nel registro di cui al comma 1, nonche’ copia della cartella
sanitaria e di rischio di cui al comma 2; f) tramite il medico competente
comunica ai lavoratori interessati le relative annotazioni individuali
contenute nel registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria e di
rischio di cui al comma 2 ed al rappresentante per la sicurezza, i dati
collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al comma 1. 4. Le annotazioni individuali contenute nel
registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio di cui al comma
2 sono conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto
di lavoro e dall’ISPESL fino a quaranta anni dalla cessazione di ogni attivita’
che espone ad agenti cancerogeni.
5. La
documentazione di cui ai precedenti comma e’ custodita e trasmessa con
salvaguardia del segreto professionale.
6. I
modelli e le modalita’ di tenuta dei registri e delle cartelle sanitarie di cui
rispettivamente ai commi 1 e 2 sono determinati con decreto del Ministro della
sanita’ di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
sentita la commissione consultiva permanente.
7. L’ISPESL
trasmette annualmente al Ministero della sanita’ dati di sintesi relativi alle
risultanze dei requisiti di cui al comma 1.
1. I
medici, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonche’ gli istituti
previdenziali assicurativi pubblici o privati, che refertano casi di neoplasie
da loro ritenute causate da esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni,
trasmettono all’ISPESL copia della relativa documentazione clinica ovvero
anatomopatologica e quella inerente l’anamnesi lavorativa. 2. Presso l’ISPESL e’ tenuto, ai fini di
analisi aggregate, un archivio nominativo dei casi di neoplasia di cui al comma
1. 3. Con decreto dei Ministri della
sanita’ e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione
consultiva permanente, sono determinate le caratteristiche dei sistemi
informativi che, in funzione del tipo di neoplasia accertata, ne stabiliscono
la raccolta, l’acquisizione, l’elaborazione e l’archiviazione, nonche’ le
modalita’ di registrazione di cui al comma 2, e le modalita’ di trasmissione di
cui al comma 1.
4. Il
Ministero della sanita’ fornisce, su richiesta, alla Commissione CE,
informazioni sulle utilizzazioni dei dati del registro di cui al comma 1.
1. Nelle
attivita’ con uso di sostanze o preparati ai quali e’ attribuita dalla
direttiva comunitaria la menzione R 45: “Puo’ provocare il cancro” o la
menzione R 49: “Puo’ provocare il cancro per inalazione”, il datore di lavoro
applica le norme del presente titolo.
2. Con
decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanita’,
sentita la commissione consultiva permanente e la commissione tossicologica
nazionale, e’ aggiornato periodicamente l’elenco delle sostanze e dei processi
di cui all’allegato VIII in funzione del progresso tecnico, dell’evoluzione di
normative e specifiche internazionali e delle conoscenze nel settore degli
agenti cancerogeni.
TITOLO VIII
PROTEZIONE DA AGENTI BIOLOGICI Capo I Art. 73. Campo di applicazione 1. Le
norme del presente titolo si applicano a tutte le attivita’ lavorative nelle
quali vi e’ rischio di esposizione ad agenti biologici. 2. Restano ferme le disposizioni particolari
di recepimento delle norme comunitarie sull’impiego confinato di microorganismi
geneticamente modificati e sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi
geneticamente modificati.
1. Ai sensi
del presente titolo si intende per: a) agente biologico: qualsiasi
microorganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed
endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o
intossicazioni; b) microorganismo: qualsiasi entita’ microbiologica, cellulare
o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico; c) coltura
cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da
organismi pluricellulari.
1. Gli
agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del
rischio di infezione: a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta
poche probabilita’ di causare malattie in soggetti umani; b) agente biologico
del gruppo 2: un agente che puo’ causare malattie in soggetti umani e
costituire un rischio per i lavoratori; e’ poco probabile che si propaga nella
comunita’; sono di norma disponibli efficaci misure profilattiche o
terapeutiche; c) agente biologico del gruppo 3: un agente che puo’ causaremalattie
gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori;
l’agente biologico puo’ propagarsi nella comunita’, ma di norma sono
disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche; d) agente biologico
del gruppo 4: un agente biologico che puo’ provocare malattie gravi in soggetti
umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e puo’ presentare un
elevato rischio di propagazione nella comunita’; non sono disponibili, di
norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
2. Nel caso
in cui l’agente biologico oggetto di classificazione non puo’ essere attribuito
in modo inequivocabile ad uno fra i due gruppi sopraindicati, esso va
classificato nel gruppo di rischio piu’ elevato tra le due possibilita’. 3. L’allegato XI riporta l’elenco degli
agenti biologici classificati nei gruppi 2, 3, 4.
1. Il
datore di lavoro che intende esercitare attivita’ che comportano uso di agenti
biologici dei gruppi 2 o 3, comunica all’organo di vigilanza territorialmente
competente le seguenti informazioni, almeno 30 giorni prima dell’inizio dei
lavori: a) il nome e l’indirizzo dell’azienda e il suo titolare; b) il
documento di cui all’art. 78, comma 5.
2. Il
datore di lavoro che e’ stato autorizzato all’esercizio di attivita’ che
comporta l’utilizzazione di un agente biologico del gruppo 4 e’ tenuto alla
comunicazione di cui al comma 1.
3. Il
datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogni qualvolta si verificano
nelle lavorazioni mutamenti che comportano una variazione significativa del
rischio per la salute sul posto di lavoro, o, comunque, ogni qualvolta si
intende utilizzare un nuovo agente classificato dal datore di lavoro in via
provvisoria.
4. Il
rappresentante per la sicurezza ha accesso alle informazioni di cui al comma 1.
5. Ove le
attivita’ di cui al comma 1 comportano la presenza di microorganismi
geneticamente modificati appartenenti al gruppo II, come definito all’art. 4
del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, il documento di cui al comma 1,
lettera b), e’ sostituito da copia della documentazione prevista per i singoli
casi di specie dal predetto decreto.
6. I
laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono tenuti alla
comunicazione di cui al comma 1 anche per quanto riguarda gli agenti biologici
del gruppo 4.
1. Il
datore di lavoro che intende utilizzare, nell’esercizio della propria
attivita’, un agente biologico del gruppo 4 deve munirsi di autorizzazione del
Ministero della sanita’.
2. La
richiesta di autorizzazione e’ corredata da: a) le informazioni di cui all’art.
76, comma 1; b) l’elenco degli agenti che si intende utilizzare. 3. L’autorizzazione e’ rilasciata dal
Ministero della sanita’sentito il parere dell’Istituto superiore di sanita’.
Essa ha la durata di 5 anni ed e’ rinnovabile. L’accertamento del venir meno di
una delle condizioni previste per l’autorizzazione ne comporta la revoca.
4. Il
datore di lavoro in possesso dell’autorizzazione di cui al comma 1 informa il
Ministero della sanita’ di ogni nuovo agente biologico del gruppo 4 utilizzato,
nonche’ di ogni avvenuta cessazione di impiego di un agente biologico del
gruppo 4.
5. I
laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono esentati dagli
adempimenti di cui al comma 4.
6. Il
Ministero della sanita’ comunica all’organo di vigilanza competente per
territorio le autorizzazioni concesse e le variazioni sopravvenute
nell’utilizzazione di agenti biologici del gruppo 4. Il Ministero della sanita’
istituisce ed aggiorna un elenco di tutti gli agenti biologici del gruppo 4 dei
quali e’ stata comunicata l’utilizzazione sulla base delle previsioni di cui ai
commi 1 e 4.
Capo II
OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO
Art. 78.
Valutazione del rischio
1. Il
datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all’art. 4, comma 1,
tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche
dell’agente biologico e delle modalita’ lavorative, ed in particolare: a) della
classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo
per la salute umana quale risultante dall’allegato XI o, in assenza, di quella
effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili
e seguendo i criteri di cui all’art. 75, commi 1 e 2; b) dell’informazione
sulle malattie che possono essere contratte; c) dei potenziali effetti
allergici e tossici; d) della conoscenza di una patologia della quale e’
affetto un lavoratore, che e’ da porre in correlazione diretta all’attivita’
lavorativa svolta; e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note
dall’autorita’ sanitaria competente che possono influire sul rischio; f) del
sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati. 2. Il datore di lavoro, in relazione al
rischio accertato, adotta le misure protettive e preventive di cui al presente
titolo, adattandole alle particolarita’ delle situazioni lavorative.
3. Il
datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in
occasione di modifiche dell’attivita’ lavorativa significative ai fini della
sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni
dall’ultima valutazione effettuata.
4. Nelle
attivita’, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell’allegato IX,
che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti
biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli
stessi, il datore di lavoro puo’ prescindere dall’applicazione delle
disposizioni di cui agli articoli 80, 81, commi 1 e 2, 82, comma 3, e 86,
qualora i risultati della valutazione dimostrano che l’attuazione di tali
misure non e’necessaria.
5. Il
documento di cui all’art. 4, commi 2 e 3, e’ integrato dai seguenti dati: a) le
fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di esposizione ad
agenti biologici; b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla
lettera a); c) le generalita’ del responsabile del servizio di prevenzione e
protezione dai rischi; d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonche’
le misure preventive e protettive applicate; e) il programma di emergenza per
la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad un agente
biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento
fisico. 6. Il rappresentante per la sicurezza
e’ consultato prima dell’effettuazione della valutazione di cui al comma 1 ed
ha accesso anche ai dati di cui al comma 5.
Art. 79.
Misure tecniche, organizzative, procedurali 1. In tutte le attivita’ per le
quali la valutazione di cui all’art. 78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori
il datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e procedurali, per
evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici.
2. In
particolare, il datore di lavoro: a) evita l’utilizzazione di agenti biologici
nocivi, se il tipo di attivita’ lavorativa lo consente; b) limita al minimo i
lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al rischio di agenti biologici;
c) progetta adeguatamente i processi lavorativi; d) adotta misure collettive di
protezione ovvero misure di protezione individuali qualora non sia possibile
evitare altrimenti l’esposizione; e) adotta misure igieniche per prevenire e
ridurre al minimo la propagazione accidentale di un agente biologico fuori dal
luogo di lavoro; f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato nell’allegato
X, e altri segnali di avvertimento appropriati; g) elabora idonee procedure per
prelevare, manipolare e trattare campioni di origine umana ed animale;
tecnicamente realizzabile; l) predispone i mezzi necessari per la raccolta,
l’immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza,
mediante l’impiego di contenitori adeguati ed identificabili eventualmente dopo
idoneo trattamento dei rifiuti stessi; m) concorda procedure per la
manipolazione ed il trasporto in condizioni di sicurezza di agenti biologici
all’interno del luogo di lavoro.
1. In tutte
le attivita’ nelle quali la valutazione di cui all’art. 78 evidenzia rischi per
la salute dei lavoratori, il datore di lavoro assicura che: a) i lavoratori
dispongano dei servizi sanitari adeguati provvisti di docce con acqua calda e
fredda, nonche’, se del caso, di lavaggi oculari e antisettici per la pelle; b)
i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od altri indumenti
idonei, da riporre in posti separati dagli abiti civili; c) i dispositivi di
protezione individuale siano coro e protettivi che possono essere contaminati
da agenti biologici vengano tolti quando il lavoratore lascia la zona di
lavoro, conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati, puliti e,
se necessario, distrutti.
2. E’
vietato assumere cibi o bevande e fumare nelle aree di lavoro in cui c’e’
rischio di esposizione.
Art. 81.
Misure specifiche per le strutture sanitarie e veterinarie 1. Il datore di
lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie, in sede di valutazione dei
rischi, presta particolare attenzione alla possibile presenza di agenti
biologici nell’organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi campioni e
residui e al rischio che tale presenza comporta in relazione al tipo di
attivita’ svolta.
2. In
relazione ai risultati della valutazione, il datore di lavoro definisce e
provvede a che siano applicate procedure che consentono di manipolare,
decontaminare ed eliminare senza rischi per l’operatore e per la comunita’, i
materiali ed i rifiuti contaminati.
3. Nei
servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali che sono, o potrebbero
essere, contaminati da agenti biologici del gruppo 3 o del gruppo 4, le misure
di contenimento da attuare per ridurre al minimo il rischio di infezione sono
indicate nell’allegato XII.
1. Fatto
salvo quanto specificatamente previsto all’allegato XI, punto 6, nei laboratori
comportanti l’uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 a fini di ricerca,
didattici o diagnostici, e nei locali destinati ad animali da laboratorio
deliberatamente contaminati con tali agenti, il datore di lavoro adotta idonee
misure di contenimento in conformita’ all’allegato XII. 2. Il datore di lavoro assicura che l’uso di
agenti biologici sia eseguito: a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al
secondo livello di contenimento, se l’agente appartiene al gruppo 2; b) in aree
di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello dicontenimento, se l’agente
appartiene al gruppo 3; c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto
livello di contenimento, se l’agente appartiene al gruppo 4.
3. Nei
laboratori comportanti l’uso di materiali con possibile contaminazione da
agenti biologici patogeni per l’uomo e nei locali destinati ad animali da
esperimento, possibili portatori di tali agenti, il datore di lavoro adotta
misure corrispondenti almeno a quelle del secondo livello di contenimento. 4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui
si fa uso di agenti biologici non ancora classificati, ma il cui uso puo’ far
sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro
adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
5. Per i
luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero della sanita’, sentito
l’Istituto superiore di sanita’, puo’ individuare misure di contenimento piu’
elevate.
1. Fatto
salvo quanto specificatamente previsto all’allegato XI, punto 6, nei processi
industriali comportanti l’uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4, il
datore di lavoro adotta misure opportunamente scelte tra quelle elencate
nell’allegato XIII, tenendo anche conto dei criteri di cui all’art. 82, comma
2.
2. Nel caso
di agenti biologici non ancora classificati, il cui uso puo’ far sorgere un
rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure
corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
1. Se si
verificano incidenti che possono provocare la dispersione nell’ambiente di un
agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4, i lavoratori devono
abbandonare immediatamente la zona interessata, cui possono accedere soltanto quelli
addetti ai necessari interventi, con l’obbligo di usare gli idonei mezzi di
protezione.
2. Il
datore di lavoro informa al piu’ presto l’organo di vigilanza territorialmente
competente, nonche’ i lavoratori ed il rappresentante per la sicurezza, dell’evento,
delle cause che lo hanno determinato e delle misure che intende adottare, o che
ha gia’ adottato, per porre rimedio alla situazione creatasi.
3. I
lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al
preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo all’uso di agenti
biologici.
1. Nelle
attivita’ per le quali la valutazione di cui all’art. 78 evidenzia rischi per
la salute dei lavoratori, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla
base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare
per quanto riguarda: a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici
utilizzati; b) le precauzioni da prendere per evitare l’esposizione; c) le
misure igieniche da osservare; d) la funzione degli indumenti di lavoro e
protettivi e dei dispositivi di protezione individuale ed il loro corretto
impiego; e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti biologici
del gruppo 4; f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure
da adottare per ridurne al minimo le conseguenze.
2. Il
datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare
in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L’informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite
prima che i lavoratori siano adibiti alle attivita’ in questione, e ripetute,
con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano
nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei
rischi. 4. Nel luogo di lavoro sono
apposti in posizione ben visibile cartelli su cui sono riportate le procedure
da seguire in caso di infortunio od incidente.
Capo III
SORVEGLIANZA SANITARIA
Art. 86.
Prevenzione e controllo
1. I
lavoratori addetti alle attivita’ per le quali la valutazione dei rischi ha
evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti alla sorveglianza
sanitaria.
2. Il
datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure
protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi
sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le
quali: a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che
non sono gia’ immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da
somministrare a cura del medico competente; b) l’allontanamento temporaneo del
lavoratore secondo le procedure dell’art. 8 del decreto legislativo 15 agosto
1991, n. 277.
Art. 87.
Registri degli esposti e degli eventi accidentali
1. I
lavoratori addetti ad attivita’ comportanti uso di agenti del gruppo 3 ovvero 4
sono iscritti in un registro in cui sono riportati, per ciascuno di essi,
l’attivita’ svolta, l’agente utilizzato e gli eventuali casi di esposizione
individuale.
2. Il
datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui al comma 1 e ne cura
la tenuta tramite il medico competente. Il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione e il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a
detto registro.
3. Il
datore di lavoro: a) consegna copia del registro di cui al comma 1
all’Istituto
superiore di sanita’ e all’ISPESL, comunicando ad essi ogni tre
anni e
comunque ogni qualvolta questi ne fanno richiesta, le
variazioniintervenute;
b) comunica all’ISPESL la cessazione del rapporto di
lavoro, dei
lavoratori di cui al comma 1 fornendo nel contempo l’aggiornamento
dei dati
che li riguardano e consegna al medesimo Istituto le relative cartelle
sanitarie e
di rischio di cui all’art. 86, comma 5; c) in caso di cessazione di
attivita’
dell’azienda, consegna all’Istituto superiore di sanita’ copia del
registro di
cui al comma 1 ed all’ISPESL copia del medesimo registro nonche’ le
cartelle
sanitarie e di rischio di cui all’art. 86, comma 5; d) in caso di
assunzione
di lavoratori che hanno esercitato attivita’ che com